Tre fatti sindacali rilevanti sono accaduti nella giornata di ieri 2 settembre 2013: padroni e sindacati complici hanno sottoscritto l’ennesimo “Patto tra produttori”, la Fiat ha riammesso la FIOM in fabbrica, Marchionne chiede una legge sulla rappresentanza per continuare ad investire.
Alcune questioni rilevanti saltano agli occhi
1 . E’ morto e sepolto il concetto di indipendenza del movimento dei lavoratori dai padroni, dal governo, dai partiti: a) i sindacati firmano l’ennesimo patto con i padroni in cui si sposano tutte le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori esistono solo in subordine b) La premessa politica del Patto è un inno alla stabilità e quindi un assist alla prosecuzione del governissimo Letta-Alfano-Monti-Napolitano. c) il Patto viene illustrato pochi minuti dopo essere stato firmato alla festa nazionale del PD a Genova, cioè del partitone/ammucchiata in cui ormai si riconoscono tutti i firmatari del Patto.
2 . Il capitalismo italiano sopravvive solo se assistito dalla mano pubblica e non si fa scrupolo di pretendere a gran voce la prosecuzione di quelle politiche di sostegno alle imprese che negli anni passati hanno creato buona parte del debito pubblico del Paese
3. I sindacati complici non spendono una parola sui diritti del lavoro e salariali delle lavoratrici e dei lavoratori italiani, essi vivono, nel Patto e nella realtà, unicamente come riflesso degli interessi di impresa che sono assunti come questione principale anche da chi continua ad autodefinirsi sindacato dei lavoratori.
4. La decisione della Fiat di riammettere la Fiom tra le organizzazioni riconosciute, accettando la sentenza della Corte Costituzionale consente a Marchionne di rilanciare uno dei ciclici ricatti al Governo per cui o si arriva ad una legge sulla rappresentanza (o meglio una legge di garanzia di esigibilità degli accordi) oppure smetterà di investire in Italia. Tutto questo a pochi giorni dalla scadenza della CIG in FIAT.
5. E’ evidente che la Fiom ha accettato di fatto i contenuti del Patto sulla rappresentanza del 31 maggio e quindi le logiche di Marchionne, anche se poi nei salotti buoni e alla TV il suo leader le "spara ancora grosse". Se così non fosse la Fiat avrebbe costretto la FIOM a cause su cause per ottenere l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, come ha sempre fatto rispetto a tutti i pronunciamenti della magistratura che le avevano dato torto.
Di fronte all’evidenza di questi fatti non c’è che una scelta da fare: abbandonare CGIL, CISL e UIL e costruire l’alternativa sindacale, rilanciando e praticando il conflitto e le lotte in ogni luogo di lavoro e in ogni territorio; non c’è che una risposta da dare: 18 ottobre sciopero generale.