Questa mattina, 30 marzo, sul Sole 24 ore online un titolo (“Borse tornano al pre-guerra ma la Cassandra dei mercati vede recessione”) sintetizzava quello che la guerra sta iniziando a provocare in termini economici.
Parliamo del cosiddetto mercato, quello che determina le fortune dei padroni e le disgrazie dei lavoratori, che sono coloro che alla fine pagano sempre o con licenziamenti di massa a seguito della chiusura delle fabbriche oppure con l’aumento dell’inflazione con conseguente perdita del potere di acquisto dei propri salari. È lo stesso mercato che influenza l’andamento dei fondi pensione, per cui può accadere che la chiusura di una fabbrica o una maggiore produzione di armi perché è scoppiata una guerra, faccia aumentare la pensione integrativa di quei, pochi, lavoratori che hanno aderito ai fondi pensione integrativa.
Colpisce sinceramente che la Flc Cgil convochi un’assemblea durante le elezioni RSU per “vendere” fondi pensionistici ai lavoratori durante una guerra mentre i bond europei sono in tracollo e le azioni che salgono sono quelle immorali delle compagnie petrolifere e delle fabbriche di armi. Si specula su guerra e inquinamento, salvo poi partecipare allo sciopero Friday for Future per l’ambiente e la pace…
Da parte nostra, come USB, da sempre contrari ai fondi pensione, ci siamo anche opposti all’introduzione del silenzio assenso per i neoassunti, nel pubblico impiego dal 2019, ci battiamo al fianco dei popoli contro tutte le guerre, siamo contro il neoliberismo, per un modello di sviluppo compatibile con l’ambiente.
Questione di coerenza.
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