Il decreto Minniti sul tema dell’immigrazione è diventato legge. Il 12 aprile la Camera ha detto sì al provvedimento, dopo che il Governo aveva ottenuto la fiducia. Votazione: 240 voti a favore, 176 contrarie 12 astenuti.
Molte le novità che investono questo tema tra cui la creazione di Centri di permanenza per il rimpatrio nelle Regioni (Cpr), lontano dalle città ma vicini alle strutture di trasporto, in sostituzione dei Cie odierni. Queste strutture ospiteranno coloro che dovrebbero essere rimpatriati, e per garantire il servizio verranno stanziati 19 milioni di euro.
Per ridurre i tempi di attesa dei richiedenti asilo verranno assunti i 250 impiegati in modo da snellire le richieste. Verranno costituite 26 sezioni speciali in materia di immigrazione nei tribunali ordinari in cui hanno sede le Corti d’appello. Si è deciso, inoltre, eliminazione di un grado di giudizio, l’appello appunto, in modo da ricorrere direttamente in Cassazione se la richiesta di asilo non venisse accolta. In ultimo, i Prefetti potranno impiegare richiedenti asilo per lavori di pubblica utilità, in accordo con le Regioni e i Comuni.
Togliere un grado di giudizio è un provvedimento fortemente discriminatorio a rischio di incostituzionalità. Per di più, in primo grado, vi è un procedimento in cui la presenza del richiedente asilo non è prevista. Questo significa che il giudice, potrà non ascoltare il richiedente asilo. Sapendo che questo non può presentare documenti per comprovare la propria provenienza, come potrà, il giudice, prendere una decisione ignorando il suo racconto? Il decreto Minniti cancella un principio d'uguaglianza garantito dall’Art. 3 della Costituzione, già ampiamente violato da governi, giunte regionali e comunali attraverso leggi come la Turco-Napolitano, il decreto Renzi-Lupi e la Bossi-Fini.
Inoltre, questo decreto trasforma gli operatori sociali dei centri di accoglienza in poliziotti. Dà poteri di polizia ai Sindaci, che potranno imporre lavoro gratuito ai migranti e DASPO a tutti coloro che protestano per la mancanza di diritti sociali come trasporti, salute, casa, servizi.
Cosi dopo 67 anni dall'istituzione dell'apartheid in Sud-Africa, l'Italia rischia di rispolverare i sintomi di una delle forme di quella “separazione”, già avvenuto con la ghettizzazione dei braccianti nelle campagne e con il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che Nelson Mandela e tanti altri hanno combattuto per anni.
L'esplosione della povertà di massa e sono il generalizzarsi degli effetti di politiche nazionali e dell’Unione Europea che non si limitano più ai migranti o ai profughi., ma che coinvolgono milioni di lavoratori, pensionati, giovani, indotti dalla propaganda a vedere nei più deboli un capro espiatorio. È compito nostro contrastare questo processo, a partire da una profonda riflessione, a una conseguente presa di coscienza e predisposizione alla lotta.
Ada Tomasello
Usb Immigrazione