Oggi, alla coda dell’epidemia, una cosa appare certa: in Lombardia il virus non è stato l’unico killer ma ha avuto complicità importanti; tra queste la più rilevante è costituita dalle politiche sanitarie, sempre più improntate al profitto e sempre meno alla tutela della salute.
Nelle RSA questo effetto è stato drammaticamente visibile e se ad oggi si può tranquillamente stimare che dall’inizio dell’anno ci siano stati circa 10.000 decessi tra gi ospiti delle circa 730 strutture lombarde, con altrettanta sicurezza ci sentiamo di affermare che determinante, in questa strage, è stato il modello socio assistenziale regionale. Un modello completamente affidato a soggetti privati che hanno individuato nel settore il grande business e che quindi hanno nel profitto l’unico interesse, alla faccia della salute. Un modello che, per massimizzare i profitti, è incentrato sullo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, costretti ad una condizione di perenne precariato.
Un sistema, quello delle RSA, che è stato abbandonato dalla Regione già nei primi giorni dell’epidemia, quando, in piena carenza di DPI, si è preferito privilegiare le strutture ospedaliere, lasciando le RSA al loro destino. Un destino reso ancora più crudele dal fatto che pochissimi degli ospiti delle RSA hanno trovato accoglienza negli ospedali che, dopo anni di tagli ai posti letto, al personale e ai servizi, erano al collasso. Solo 2,2 pazienti per ogni RSA hanno trovato accoglienza nelle strutture ospedaliere in piena crisi (dati ISS), mentre gli altri pazienti sono stati, di fatto, lasciati morire nelle RSA.
Infine, c’è da rimarcare l’assoluta mancanza di controllo della Regione (e dei Comuni) su quello che succede nelle RSA, un universo completamente fuori dal controllo regionale, all’interno del quale sono successe cose inaccettabili, tra tutte la più grave è la mancanza di controlli sanitari (tamponi) sul personale e sugli stessi ospiti, una scelta che si è rivelata determinante in senso negativo ed ha contribuito al raggiungimento della spaventosa cifra di decessi. Così come molto grave è la mancata messa in sicurezza preventiva di queste strutture dove sono ospitati i soggetti che –come già si sapeva da molti mesi!- erano quelli più esposti ai rischi da covid: anziani e soggetti multipatologici.
Rispetto al personale va rimarcato come, malgrado l’enorme impegno in condizioni di estrema difficoltà, la regione e CGIL, CISL e UIL, abbiano firmato un accordo regionale che esclude il personale delle RSA dalla distribuzione dei premi covid.
Una tragedia a tutto tondo, per i ricoverati, le loro famiglie e per tutto il personale impiegato in questo settore, che non deve ripetersi; e perchè ciò si verifichi è fondamentale che questo sistema venga radicalmente cambiato e rimesso saldamente sotto il controllo pubblico. In questo senso, il paragone col Veneto, che ha mantenuto pubbliche molte strutture RSA, è impietoso dal momento che restituisce una Lombardia con un tasso di decessi più che triplo rispetto alla regione confinante. Una regione – la Lombardia- nella quale tutto ciò che riguarda la salute, negli ultimi anni, è stato sacrificato in nome del profitto.
Per tutto ciò, invitiamo i cittadini, i parenti degli ospiti deceduti nelle RSA, le lavoratrici ed i lavoratori delle RSA al presidio che si terrà il giorno 22 luglio alle ore 10.00 sotto l’Assessorato Regionale al Welfare.
LA SALUTE E’ UN DIRITTO, LA SANITA’ PUBBLICA UN DOVERE