Con 28 voti favorevoli e 13 contrari, il 7 giugno scorso in consiglio comunale è stata approvata una mozione che richiede al sindaco di intervenire presso il governo per la modifica all’articolo 5 del cosiddetto “piano casa” Renzi-Lupi del 2014 e di prevedere una norma in deroga per le figure sociali vulnerabili e meritevoli di tutela. I consiglieri presenti in aula erano 45 e i votanti sono stati 41.
Questo risultato è anche il frutto della mobilitazione incessante che come movimento per il diritto all’abitare, da otto anni, insieme a tante associazioni, studi legali, ricercator* universitar* (e pochissimi parlamentari), abbiamo mantenuto in piedi.
Dal 2014 abbiamo incessantemente sottolineato come questa norma sia fortemente lesiva di diritti primari che sono stati cancellati per decreto con l'obiettivo (peraltro fallito) di scoraggiare l'occupazione per necessità di alloggi e immobili vuoti in mancanza di possibilità alternative di avere un tetto sopra la testa. La pandemia, in questo senso, ha solo amplificato l'inaccettabile discriminazione imposta dalla norma.
In questi anni, inoltre, altre voci (anche da parte di chi lavora in istituzioni come ISTAT) hanno evidenziato come questa norma non sia solo criminogena e lesiva della salute pubblica, ma distorsiva di informazioni fondamentali per la ricognizione e l'indagine anagrafica delle condizioni di vita dentro le nostre città.
È necessario ripartire da qui. Il primo passo della mozione approvata non deve condurre sullo stesso binario morto in cui è finita la Regione Lazio. Nonostante si fosse votato un odg (supportato dalla giunta Zingaretti) favorevole al superamento dell'art 5, la L. 1/2020 si è arenata sul limite dell'articolo 5 come barriera temporale per accedere alla regolarizzazione dell'inquilinato senza titolo.
La mozione sostenuta da un campo largo di votanti ora deve tradursi in una normativa autorevole e coraggiosa. Il sindaco deve agire di conseguenza e fare un passo deciso verso la garanzia di una residenza anagrafica corrispondente alla reale abitazione, prescindendo dal titolo e tenendo conto delle motivazioni socioeconomiche che inducono un nucleo familiare ad occupare per necessità un alloggio o uno stabile inutilizzati. Questo per noi è d'altronde l'unico criterio possibile per individuare chi sia meritevole di tutela. Battere l’articolo 5 (come chiede l’appello di convocazione della piazza al Campidoglio) rappresenta inoltre un pezzo imprescindibile di quel piano straordinario per l’abitare di cui la Giunta deve farsi promotrice per risolvere non solo le ‘emergenze’ di oggi (in primis Province, Valle Ri-Fiorita e le centinaia di sfratti che si consumano ogni mese in città) ma quelle future. Dentro una città come Roma la sofferenza abitativa (che, secondo dati probabilmente sottostimati, coinvolge oltre 57mila nuclei abitativi) non può più aspettare, essere messa sotto il tappeto, né tantomeno cancellata per decreto.
Solo in questo modo si potrà restituire a migliaia di persone l’esercizio pieno dei propri diritti. Primo fra tutti quello alla salute. Senza dimenticare quello allo studio e all’accesso al welfare. Per sostenere questo percorso e per rilanciare la mobilitazione verso la cancellazione definitiva dell’articolo 5, proponiamo un’assemblea pubblica davanti la sede centrale dell’anagrafe in via Petroselli giovedì 23 giugno alle ore 18.
Movimento per il diritto all’abitare
CLASP - Coordinamento Lavoratori/trici Statistica Pubblica
Coordinamento Romano Acqua Pubblica