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Editoriale

25 aprile 2014, i sette operai della Thyssen uccisi una seconda volta. C'è bisogno di una nuova resistenza!


Fa ribollire il sangue la sentenza della Cassazione a sezioni riunite che annulla la condanna per omicidio volontario per la strage alla Thyssen Krupp di Torino.


Il 7 dicembre 2007 sette operai morirono bruciati vivi, Antonio Schiavone, 36 anni morto la notte stessa, Bruno Santino 26 anni, Angelo Laurino, 43 anni, morto il giorno dopo come Roberto Scola, 32 anni. Rocco Marzo 54 anni deceduto dopo 10 giorni .Rosario Rodinò, 26 anni, morto dopo 13 giorni con ustioni sul 95 per cento del corpo e Giuseppe Demasi di 26 anni, morto il 30 dicembre dopo un calvario di 4 interventi chirurgici, una tracheotomia, tre rimozioni di cute con innesti.
Nelle ore subito dopo l'incedente della Thyssen, un compagno di lavoro raccontò che ”sembravano torce umane”.


L'istruttoria condotta dal PM Guariniello verificò l'inadeguatezza dei sistemi di prevenzione che non erano aggiornati perchè, essendo la fabbrica in fase di chiusura, per la dirigenza della Thyssen non c'era nessuna ragione “economica” per adeguarli. Dagli altoforni della Thyssen usciva ancora acciaio buono per i mercati, ma non c'erano ragioni per mettere in sicurezza le vite degli operai.
Secondo quanto verificato dall'istruttoria e dai racconti degli operai, c'erano già stati nel corso degli anni incidenti ed incendi, questi ultimi spenti grazie all'intervento e all'esperienza delle maestranze.


Il Procuratore Generale della Repubblica il Signor Carlo Destro, ha dato un'interpretazione agghiacciante : "i manager  ed i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l'evento si verifica, non può averlo voluto".


La salvaguardia delle vite dei lavoratori stando al Signor Corso, laddove non c'è il rispetto del già permissivo DL 81 sulla sicurezza, viene affidata al caso e alla capacità di mettersi in salvo degli operai.


Se estendiamo il pensiero del signor Corso e della sentenza della Corte di Cassazione all'edilizia, alle piccole imprese, capiamo che questa sentenza non solo salva la dirigenza Thyssen Krupp, ma crea un precedente pericoloso. Nella giurisprudenza del lavoro i precedenti fanno testo, scambiare la scelta nel non applicare le giuste norme di sicurezza con una vaga scelleratezza incolpevole è un atto criminale nei confronti di tutti lavoratori. Non solo, se mettiamo questa sentenza in relazione ai disastri ambientali, le dirigenze come quelle dell'ILVA di Taranto e tante altre si vedono offrire una via di fuga.


Questa sentenza cade nella ricorrenza del 25 aprile e le istituzioni la ricorderanno in maniera rituale e distante dalla realtà.

Al contrario questo giudizio ci dice che siamo di fronte ad uno Stato che conosce la legge ma non la giustizia , che difende gli industriali e condanna i lavoratori allo sfruttamento: sta a noi costruire una nuova stagione di resistenza.