Non saremo complici di nessun salto nel buio. La riorganizzazione dell'Agenzia delle Entrate sta procedendo a fari spenti, a colpi di delibere del comitato di gestione, di atti unilaterali e di comunicati stampa per tralasciare le interviste e gli articoli a senso unico che magnificano la riorganizzazione omettendo di parlare del suo lato oscuro, delle sue ricadute pratiche. Se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo immaginare il peggio. Fin qui abbiamo visto i colpi di mannaia abbattersi sulle dotazioni organiche, anzitempo e con una fretta tanto improvvida da sembrarci sospetta. Ci ritroviamo così con la terza area funzionale quasi satura mentre il decreto milleproroghe stabilisce che i tagli agli organici possono essere rimandati a primavera. Troppo tardi! Alle Entrate ci hanno pensato già in autunno a tagliare e chissà se è ancora possibile tornare indietro insinuandosi tra le pieghe del diritto e della prassi una volta tanto a favore dei lavoratori.
In tutti questi anni la voce di chi magnificava il modello delle Agenzie Fiscali si è affievolita fino a farsi un sussurro quasi impercettibile. I lavoratori si sono ritrovati sommersi da sistemi di valutazione individuale, monitoraggio delle prestazioni, sistemi di misurazione dei tempi di risposta e di lavorazione, certificazioni di qualità e via dicendo. In questo mare magnum di obblighi e di doveri, tutti i vantaggi decantati dai modernizzatori sono miseramente naufragati. Non c'è traccia dei lauti guadagni e delle mirabolanti carriere che tanta parte del mondo sindacale si era affrettata a promettere (a garantire) alla vigilia del trapasso da Ministero ad Agenzie. L'unico scatto in avanti lo abbiamo fatto con la stabilizzazione di parte del salario accessorio che ridusse la distanza da quei salari europei che erano il nostro obiettivo dichiarato. Poi pochissimo altro, quasi nulla in proporzione ai sacrifici chiesti ai lavoratori. Qualcuno dovrà renderne conto se in cambio di un peggioramento netto delle condizioni di lavoro non sono arrivate le promesse tanto avventatamente annunciate?
Ancora dobbiamo digerire la trasformazione in Agenzie, che doveva essere strutturale, quasi epocale; ancora non abbiamo seppellito la riforma proposta dall'ex direttore Massimo Romano che ce ne ritroviamo fra i piedi un'altra di cui tutto si può dire perché nulla si sa. Quel che è certo è che ci troviamo qualche passo più vicino al baratro che prefigurammo con la nascita delle Agenzie Fiscali: mobilità, esternalizzazioni, gestione disinvolta del personale, privatizzazione e diritti a farsi benedire. La riorganizzazione viene subito dopo il taglio di centinaia di posizioni dirigenziali che non annunciano niente di buono: quanti posti di lavoro verranno smaltiti per ogni poltrona saltata? Questa volta non crederemo alle favole della riorganizzazione a fin di bene, che porterà benefici e opportunità ai lavoratori, che rafforzerà la lotta all'evasione fiscale. Non con questo Governo e non con questa crisi. Eppure continuano a raccontarci favole. Ci aspettavamo dal tavolo dell'Emilia Romagna qualcosa di più di un'alzata di spalle. L'incontro in Direzione regionale è stato imbarazzante oltre che allarmante, con un Direttore di freschissima nomina che ha detto che lui conta fino al 2 febbraio e che dopo conterà come il due di picche. Altrove si respira la stessa aria. Tutto sarà nelle mani del direttore provinciale, figura a noi sconosciuta, come ignote sono le sue intenzioni e i suoi poteri effettivi. Per tacere delle relazioni sindacali che non riusciamo a capire, per quanti sforzi facciamo, come funzioneranno in un ufficio provinciale che a sentire l'amministrazione sarà solo logico e non fisico. Ci auguriamo che anche le relazioni sindacali possano continuare a essere solo logiche e non anche fisiche.
Il tavolo nazionale dovrà chiarire parecchie cose. Dovrà spiegare passo dopo passo ai lavoratori qual è lo svolgimento di questa riorganizzazione, come continuerà a funzionare il contratto integrativo alla luce del nuovo assetto, quali saranno le opportunità professionali e i rischi connessi alla scelta di restare nell'area di attuale appartenenza anziché chiedere una nuova assegnazione alla luce di un diritto che non ci risulta essere stato ancora abrogato. Dovrà sciogliere il nodo del salario di produttività. Vero è che per ora non ci sono le norme per finanziarlo (e la scommessa dei firmatari dell'accordo di Palazzo Chigi si fa ogni giorno più azzardata) ma casomai ci fossero qual è l'idea che l'amministrazione tiene nascosta nel cassetto? I lavoratori non si fidano più, hanno creduto a troppe favole raccontate da narratori ormai poco credibili. Noi ci crediamo ancora meno e in nome di questo salutare scetticismo chiediamo trasparenza e onestà intellettuale.
Se trasparenza e onestà non arriveranno, eserciteremo con il massimo impegno il conflitto sindacale. Non saremo noi a difendere il modello delle Agenzie Fiscali e degli uffici unici, ma non saremo nemmeno noi a spingere i lavoratori in questo salto nel buio. E nessuno provi a prenderli ancora in giro.