La riorganizzazione dal volto umano è una bugia raccontata in attesa che il tempo ne sveli i suoi lineamenti. E infatti non è passato molto tempo da quando sentimmo che la ristrutturazione sarebbe stata solo sulla carta.
Leggendo il documento del 24 aprile (chiamarlo accordo-quadro ci sembra ridicolo) quelle parole risuonano come una colossale bugia, raccontata ai lavoratori a testimonianza per l'ennesima volta che la nostra classe dirigente non ha abbastanza coraggio per condividere con loro un percorso trasparente fin dall'inizio.
Le verità bisogna strapparle con le tenaglie, un pezzo alla volta, brandello per brandello. Per i lavoratori destinati ai controlli sui soggetti di medie dimensioni (fra 5 e 100 mln di euro), al contenzioso legale (tranne quello legato agli atti emessi dagli uffici territoriali) e ai servizi di staff delle direzioni provinciali si apre una fase di mobilità “volontaria”. Chi non vorrà sacrificare la propria professionalità dovrà cambiare sede di lavoro.
Ora per questa mobilità e solo per questa sono previste forme di tutela esplicite. Per quella che deriverà da altri “compattamenti” (i rimborsi IVA nelle aree metropolitane e nelle grandi province) e per quella che si abbatterà presto sui servizi nulla è detto. Dal documento emerge con tutta evidenza quello strappo ulteriore fra funzioni di elevato contenuto professionale e funzioni basse, non più legate solo ai servizi ma anche ad altre linee di attività prima ritenute qualificanti.
Si individuano insomma nell'ambito della vecchia e “nobile” area controllo, distinta dalla più “operaia” area servizi, sacche e funzioni di bassa professionalità. Di questo strappo risentiranno i percorsi di carriera e i futuri accordi sul salario aziendale.
Si istituzionalizza la valutazione individuale dell'attività lavorativa. La “passerella professionale” e il principio dell'attività prevalente per la prima assegnazione – che abbiamo chiesto sono troppo poco per giudicare anche solo mediocre il risultato di questi (primi) tre mesi di vertenze.
L'amministrazione si è tolta dai vincoli e dai lacci che un accordo-quadro ben impostato potevano imporle. Due parole vanno dette sull'atteggiamento del sindacato confederale. Chi fin qui sembrava voler fare il rivoluzionario si è trovato in imbarazzo in un terreno non suo.
La ricreazione è finita, la campanella è suonata e tutti sono rientrati in classe. La nostra idea di sindacato è incompatibile con il fatto che un accordo che segna un passaggio epocale per 35mila lavoratori possa chiudersi in tre ore di “discussione”, pausa pranzo inclusa. E non è il realismo che ci manca. Senz'altro ci manca l'arrendevolezza e non cediamo all'idea che sia arrivata l'ora delle “braghe calate”.
Oggi questa riorganizzazione non è migliore di ieri e in questo senso è stata persa un'occasione. Resta tutto da costruire il piano vertenziale territoriale anche se il sindacato si presenterà pure lì in situazione precaria: RSU delegittimate e virtuali (quelle sì), fronte confederale arrendevole o distratto da dinamiche sottese alla riorganizzazione (posizioni dirigenziali, organizzative ecc.), autonomi lasciamo perdere.
Noi ci saremo, come sempre. Se la maschera della riorganizzazione è calata il merito è nostro. Se per altri la “ricreazione” è finita, peggio per loro.