I lavoratori delle Agenzie Fiscali, insieme con tutti i lavoratori a reddito fisso, subiscono gli effetti di una vera emergenza salariale. Agli stipendi falcidiati di chi è finito nella polvere risponde un nutrito drappello di nati-con-la-camicia che vantavano un reddito già cospicuo che assume adesso proporzioni quasi oltraggiose.
Parliamo dei nostri dirigenti, cioè di quelli che ogni giorno ci spronano e ci stimolano per il raggiungimento degli obiettivi; di quelli che con atteggiamento tra il paternalistico e il bonario chiedono ai loro collaboratori – e ottengono anche - quel contributo ossequioso che deve portare al raggiungimento di quanto chiesto dall’Amministrazione.
La parola magica è “obiettivo”: gli obiettivi sempre più sfidanti fissati dalle convenzioni annuali hanno la proprietà benefica di tradursi in risultati utili alla collettività. Le somme che fino a ieri è stato possibile sfilare dalle tasche degli evasori, sono finite nelle tasche dello Stato Sociale e hanno finanziato – o avrebbero dovuto - i servizi pubblici. Ma gli stessi obiettivi hanno un'altra proprietà benefica per i nostri dirigenti che passano all'incasso della cospicua indennità di risultato.
Come se non bastasse, al “risultato” è collegata anche l'indennità di posizione, che è legata in percentuale alla prima; ed è talmente “legata” che ogni anno, chiaramente con l’avallo delle “grandi firme sindacali”, aumenta in modo esponenziale. Crescono le indennità ma non crescono le responsabilità. Capita ad esempio che le Dogane hanno un dirigente con 3 o 4 sottoposti da dirigere. Così, in un paese ufficialmente fondato sul principio dell'uguaglianza ci sono persone che tra stipendi e indennità cumulano compensi che paragonati ai nostri poveri salari ricreano un rapporto di vago sapore medioevale, più consono a una relazione fra servo e padrone che fra individui con pari dignità e opportunità.
Per difendere le rendite di posizione servono regole ferree. In un club privée si entra con una tessera esclusiva. E infatti, non a caso, cambia in questi giorni il regolamento di un'altra agenzia: alle Entrate sparisce l'interpello e si inaugura una stagione di nomine dirigenziali a chiamata. I dirigenti non saranno selezionati sulla base di prove oggettive e percorsi a ostacoli ma sull'analisi delle loro potenzialità.
Ma questi signori non si vergognano a guadagnare in modo parassitario sulle spalle dei lavoratori? E il ministro Brunetta che ha sollecitato procedure di reclutamento trasparenti, cosa ne pensa di questo regime di nomine per chiamata diretta?
Quando verrà l'ora di una maggiore attenzione verso i lavoratori? Senza risposte in tal senso, il passo dal Medioevo alla Rivoluzione non sarà rimandabile a lungo.
In allegato al comunicato pubblichiamo la lettera di protesta inviata all'Agenzia delle Entrate e il Regolamento d'Agenzia riformato il 2 aprile scorso.