Il 5 dicembre 2011 finirà la luna di miele fra il governo Monti e quella parte del popolo italiano che ha salutato il suo arrivo come fosse quello di un messia. Le misure fiscali "correttive" imporranno molto probabilmente sacrifici insostenibili per lavoratori e pensionati sui quali già gravano gli effetti pluriennali degli ormai noti tagli a retribuzioni, contratti, sviluppi professionali, pensioni... Nel frattempo, Monti non ha mai parlato di evasione fiscale e corruzione, come se i mali del Paese non fossero proprio quelli.
L'evasione fiscale, che in questo Paese raggiunge cifre da fare inorridire (circa 150/180 miliardi di euro annui) rischia "finalmente" di diventare un problema non più rinviabile anche per lo stesso governo che imponendo sacrifici enormi ai cittadini onesti dovrà rendersi credibile sul versante del contrasto alla furberia, al malaffare e alla corruzione.
Abbiamo più volte duramente criticato le misure fiscali adottate dal precedente governo, che hanno avuto nello scudo fiscale il momento più vergognoso e al tempo stesso emblematico della filosofia fiscale che le ha ispirate. Fummo l'unico sindacato a denunciare la vergogna dello scudo fiscale, anche con una raccolta di firme fra lavoratori e cittadini che ebbe un successo enorme (migliaia di firme raccolte in pochi giorni) e che provocò la reazione scomposta dei vertici dell'Agenzia delle Entrate che provarono a ostacolare quell'iniziativa attribuendole - manco fosse un disvalore - valenza politica e non sindacale. Ebbene, noi riteniamo che quell'iniziativa avesse un alto valore politico e sindacale al tempo stesso e crediamo - più in generale - che a maggior ragione oggi le iniziative sindacali debbano avere anche dei contenuti politici (ma non partitici...).
Convinti di ciò, siamo stati l'unico sindacato che ha presentato un articolato disegno di legge per sostenere i redditi delle lavoratrici e dei lavoratori, attraverso i proventi della lotta all'evasione fiscale e alla corruzione. In quel disegno di legge, di cui rivendichiamo il valore politico e sindacale al tempo stesso, difendiamo e ampliamo le detrazioni per il lavoro dipendente, proponiamo l'istituzione della quattordicesima mensilità, la defiscalizzazione e l'aumento del valore dei buoni pasto, la possibilità di chiedere l'anticipo del TFS.
Se il governo Monti non vorrà tradire le mal riposte attese, dovrà coniugare - si dice - sacrifici e sviluppo insieme. Dovrebbe quindi preoccuparsi, anziché reintrodurre l'ICI sulla prima casa o sconvolgere il già fragile sistema pensionistico, di sostenere i consumi attraverso il sostegno dei redditi delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ci sono più misure per lo sviluppo nel disegno di legge presentato da USB, e più proposte per combattere l'evasione fiscale e la corruzione, di quante ne abbiamo sentite in tutti questi anni. E quindi, venendo al punto, o siamo geni della fiscalità noi o l'evasione fiscale non vuole combatterla nessuno e nessuno vuole sostenere i redditi dei lavoratori.
Oggi i risultati della lotta all'evasione fiscale vengono giustamente e purtroppo ridimensionati: la massa recuperata, al netto di sanzioni e interessi, non arriva neppure a 5 miliardi, pari a un trentesimo di quella evasa. Ciò accade malgrado gli sforzi e la professionalità profusi da decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, che hanno continuato a superare gli obiettivi assegnati sebbene avessero i contratti e le retribuzioni bloccati, e il salario accessorio dimezzato.
L'attuale direttore dell'Agenzia delle Entrate esordì nel suo nuovo incarico, qualche anno fa, promettendo di riordinare il sistema di finanziamento del salario accessorio oggi affidato a norme confuse e contraddittorie. Quell'obiettivo non è stato ancora raggiunto, anzi nemmeno sfiorato. Se fossimo in un Paese normale, il recupero della massa evasa sarebbe una priorità e a questo punto sarebbe altrettanto prioritario individuare un nuovo meccanismo di incentivazione, più stabile e sicuro del Comma 165.
Oggi, lavoratrici e lavoratori del comparto Fisco chiedono risposte alla necessità di retribuzioni certe, sganciate dagli esiti di una produttività che è affidata e limitata dal contesto normativo ed economico e che non dipende certo dalla qualità del loro lavoro.
La necessità di certezze retributive è alla base anche di una corretta politica del personale.
Chi volle le Agenzie, ha più volte sottolineato la distinzione dei ruoli fra indirizzo politico e gestionale. Le Agenzie hanno un budget, ma non possono decidere nel rispetto di quel budget se fare assunzioni, progressioni verticali o orizzontali e in che misura riconoscere l'apporto individuale e collettivo al lavoro. Mancano i soldi, e quei pochi che ci sono scontano il peso dei vincoli normativi e contabili che ne rendono impossibile l'utilizzo. Inoltre, manca anche la volontà di perseguire obiettivi gestionali a vantaggio del personale.
Tutto ciò ostacola il buon andamento di un’amministrazione. Questo groviglio di incertezza e apparenza finisce per ingessare l'azione fiscale e indirizzarla verso obiettivi di piccolo cabotaggio, in nome di una produttività fatta di tanta forma e poca sostanza tanto cara a chi ha paura del nostro lavoro e non vuole lasciarci liberi di stanare gli evasori.
Bisognerebbe, una volta per tutte, rinnegare la politica degli scudi, quella dei tagli, quella della "produttività" e avere il coraggio di fare scelte meno demagogiche, più concrete, più attente ai bisogni di lavoratrici e lavoratori. Scelte più ... sindacali.
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