Ai lavoratori della Fondazione Don Gnocchi
“Amis, ve raccomandi la mia baracca...”
“Quasi 11 mila pazienti ricoverati, per oltre 330 mila giornate di degenza ospedaliera. Oltre 580 mila trattamenti ambulatoriali ospedalieri, con più di 140 mila assistiti. Oltre 7.600 ricoveri e più di un milione di trattamenti ambulatoriali extraospedalieri. Ancora: oltre 4200 assistiti in ambito socio-assistenziale […] e più di 500 disabili accolti nelle Residenze sanitarie, nei Centri diurni e negli altri servizi attivi. […]”. Sono i dati presentati dalla Fondazione nel «Report» della Conferenza Stampa tenutasi il 21 luglio a Milano, che si sofferma sulla governance, sull’organizzazione e le risorse umane, sui risultati economici, sulle linee strategiche di sviluppo.”
Che dire, una bella impresa! Ma il merito di chi è? Il “risanamento” è stato portato a termine dalla “governance” nel pieno rispetto dei valori del sempre citato Don Carlo Gnocchi?
Sono d’obbligo, a questo punto alcune considerazioni fondamentali.
• Nulla è stato lasciato al caso: gli obiettivi di questa rappresentazione in pompa magna (per semplicità la chiameremo conferenza-stampa) fanno parte di una programmazione oculata, che ha come scopo principale il rilancio d’immagine della Fondazione Don Carlo Gnocchi quanto mai appannata in questi ultimi anni. Il sostegno dei mass-media nazionali è assicurato, tant’è che il luogo scelto, il Circolo della Stampa, e il nome del moderatore, l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ne sono l’evidente conferma.
• Dato assolutamente da non tralasciare è la composizione del parterre che per l’occasione era composto da segreterie ministeriali, sottosegretari al Lavoro (vice Poletti), l’Assessore al Welfare della Regione Lombardia ecc., tutti a dimostrare la loro “naturale alleanza”.
• Ma la rilevanza maggiore è stata assunta dal consigliere delegato ing. Campari, il quale nel suo intervento ha evidenziato il ruolo determinante delle banche (registi neanche tanto occulti dell’operazione restalyng) e il piano industriale a cui la Fondazione ha dato luogo tessendo le lodi al grande lavoro fatto dal management, parlando di numeri, di milioni di euro, di entrate, di uscite e…per concludere, di costo del lavoro, troppo alto, sempre troppo!
• Naturalmente al costo del lavoro è stata trovata la parolina magica usata come conviene a chi gestisce una grande Azienda: contenimento.
• Come si traduce nella realtà dei lavoratori? Dando continuità alla gestione che da tre anni a questa parte sottopone i lavoratori all’innalzamento delle ore lavorative a parità di salario, riduzione dei diritti, vessazioni unite a un costante clima di paura ecc. e per mandar giù la pillola adottando opportuni meccanismi economici (elemosina).
2.
A questo punto, sappiamo benissimo che con gli “avvenimenti” di questi giorni si apre la partita definitiva.
Giochiamola sapendo anche che c’è chi i lavoratori dovrebbe tutelare e lo fa sempre meno.
Con la convocazione del prossimo 28 luglio si apprestano infatti a rinnovare il contratto di settore per portare l’orario a 38 ore a parità di salario e aumentare la flessibilità del lavoro.
DIFFIDIAMOLI dal firmare accordi al ribasso, che oltre a tutelare sempre meno chi lavora inevitabilmente mettono in serio pericolo la qualità dei servizi erogati agli utenti. “l’Unità” nel 1923 titolava “a salario di merda, lavoro di merda”. La traduzione che ne facciamo ancora oggi è che un lavoratore vessato nei diritti e nel salario, stanco perché sfruttato, sempre più vecchio, sempre meno retribuito a fronte di un carico di lavoro più pesante, sicuramente non renderà, nonostante la sua volontà, come un lavoratore sereno, i cui turni di lavoro sono umani, permettendone il riposo per essere al meglio nel prestare assistenza sanitaria alle persone che ne hanno bisogno.
Pretendiamo dignità e rispetto perché, di là dalle operazioni di facciata, sono prima di tutto i lavoratori della Fondazione a “mandare avanti la baracca”!
25 luglio 2016
USB Fondazione Don Gnocchi