Si rincorrono voci sempre più insistenti di una crisi aziendale addirittura peggiore di quanto potesse apparire: cioè a meno di due anni dalla nascita di SAI e guarda caso dalla vigilia del rinnovo del CCNL.
Sembra un fatale destino che Alitalia debba trovarsi in questi passaggi stretti con le scadenze contrattuali aperte, ma in realtà ci sono volontà precise. Di sicuro abbiamo invano atteso per mesi (almeno da quando si è insediato il nuovo AD a marzo scorso), chiarimenti sul piano industriale e sulle prospettive per quest’azienda. Ancora nessuno si è degnato di dare riscontro a questa necessità che ora diventa urgenza. La sensazione, ancora una volta, è quella di navigare a vista.
E’ inequivocabile che lo sviluppo della compagnia non sia mai realmente avvenuto, così come è evidente che non siano ancora state create quelle condizioni di business illustrate all’indomani dell’acquisizione della compagnia da parte di Etihad. E’ sotto gli occhi di tutti come le condizioni di concorrenza sleale delle Low Cost, unitamente ai vincoli imposti dagli accordi di alleanza ancora in essere da 15 anni, condizionino pesantemente lo scenario industriale. Altrettanto palese è che investimenti che hanno lavorato soltanto sull’immagine e sul “software”, cioè le operazioni di trucco e parrucco, le revisioni dei servizi offerti le politiche tariffarie stracciate, non siano stati sufficienti al rilancio della compagnia. Manca la sostanza degli investimenti, di svincolarsi dai lacci di un alleanza stretta, mancano all’appello le macchine di lungo raggio!!!
In questi anni, il Governo non ha saputo fare altre che sdraiarsi letteralmente alle condizioni imposti dai nuovi investitori, prima con Etihad e poi – ancora peggio – con Qatar per Meridiana, senza neanche assicurarsi degli investimenti necessari al rilancio di compagnie aeree distrutte da manager incompetenti se non quando colpevoli. Mentre, dall’altra parte, ha continuato imperterrito ad avallare i ricatti delle low cost, concedendogli spazi inauditi in altri Paesi e mostrando tutta la debolezza industriale nazionale in questo settore. In poche parole, si è limitato a far entrare partner stranieri nella speranza di liberarsi di altre responsabilità, senza costruire un sistema di regole valido per tutti i vettori senza imporre riassunzioni a chi opera in Italia, dimostrando la totale incapacità a gestire questo settore sia dal punto di vista sociale che economico.
Siamo in attesa degli aeromobili di lungo raggio che, sembra banale dirlo, sono proprio quelli a fare le dimensioni e la “missione industriale” di una compagnia. Ora, di fronte alle difficoltà, non vogliamo inseguire le voci che parlano di cose già viste, ma è certo che il modello con il quale in passato si è preteso di risolvere tutto, attraverso ristrutturazioni selvagge, licenziamenti e taglio dei salari, ha ampiamente dimostrato di non funzionare.
Dato che siamo alla terza ristrutturazione in 7 anni, adesso chiediamo innanzitutto immediata trasparenza:
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- La convocazione di tutte le parti sociali per sapere esattamente cosa succede e quali siano le intenzioni per risolvere lo stallo.
- L’immediato coinvolgimento del Governo che deve partire dall’assunzione di responsabilità del disastro attuale di questo settore e dell’evidente fallimento della politica del “tappeto rosso” a tutti i costi.
Nel leggere l’acuta analisi della CGIL pubblicata in questi giorni, ci viene da riflettere che trattandosi di fatti noti, in particolare alle migliaia di licenziati – alla luce dei risultati del tutto inutilmente - più che queste sintesi, avremmo bisogno di soluzioni ben diverse da quanto fatto nel passato. Noi siamo rimasti al pessimo accordo concluso in Meridiana e alla patetica mossa della sospensione della firma su un accordo fallito per PN, che, di fatto, ha lasciato carta bianca all’azienda per fare quel che vuole.
Rivediamo lo stesso film di due anni fa ma stavolta il sindacato confederale che ha fatto decollare Etihad è inchiodato, insieme al Governo, ha enormi responsabilità. L’accettazione indiscriminata delle condizioni non è servita a niente e non abbiamo alcuna intenzione di avallarla ancora una volta.
USB ha criticato le iniziative aziendali perché del tutto parziali e collaterali ed era facile prevedere che queste da sole non sarebbero state sufficienti. Da anni denunciamo incessantemente i problemi, organizziamo la resistenza e il dissenso in questo settore, dove invece si preferisce lasciare le cose come stanno e si continua a essere ossessionati da schemi di relazioni sindacali che finora si sono rivelate inutili se non per produrre licenziamenti con il puntello del sindacato confederale.
Respingeremo al mittente ogni intenzione di rispondere a una fase pesante di crisi con le stesse inutili ricette usate in passato. Si possono e si devono affrontare i temi sul tappeto, ma bisogna utilizzare quel coraggio, quella politica e quella lungimiranza, che finora sono stati del tutto assenti. Non ci siamo fermati in questi anni e promettiamo ai lavoratori la totale opposizione e battaglia.
Dopo aver già comunicato nei tempi previsti la richiesta di rinnovo del CCNL, USB si appresta a presentare la propria piattaforma, la quale non può che partire dal superamento delle cause strutturali che hanno dilapidato in 15 anni un patrimonio industriale, umano e professionale.
Siamo pronti a condividere la piattaforma con altre Associazioni e Organizzazioni per costruire un percorso sempre più concreto per i lavoratori, allo stesso tempo evitando la misera operazione di marketing e l’atteggiamento di chi, in una fase ancora una volta delicata, abbaia alla luna.
Ciò che vogliamo è voltare pagina su quanto è stato fatto fin ora. Adesso serve occupazione, lavoro e dignità per i dipendenti del Gruppo Alitalia
Fiumicino, 8 novembre 2016
USB Lavoro Privato