Da un mese all’altro sempre meno personale all’INPS, a seguito delle continue cessazioni per pensionamento. Nonostante le assunzioni del 2018 e 2019 il saldo tra fabbisogno e personale in forza risulta sempre più negativo. A maggio 2021 rispetto al solo mese precedente risultano 157 lavoratori in meno.
Complessivamente, facendo un raffronto con il cosiddetto “fabbisogno sostenibile” risulta una carenza di 3.310 unità, che aumenta a 4.483 se ci si rapporta all’organico teorico, che corrisponde al numero di personale che servirebbe per coprire le esigenze di funzionalità dell’INPS.
Nelle Aree A-B-C, che rappresentano la forza trainante dell’Istituto, mancano 4.147 lavoratori, il 16% del personale previsto nell’organico. Ancora più drammatica la carenza di medici, che supera il 38%, mentre quella dei professionisti del tecnico edilizio raggiungono il 32,6%, i dirigenti il 15% e i professionisti legali il 10%. Dati allarmanti, a cui l’amministrazione sta cercando di porre rimedio con un Piano triennale di 9.139 assunzioni tra il 2021 e il 2023, sapendo tuttavia che nonostante gli ingressi previsti alla fine del triennio l’INPS avrà una carenza complessiva di almeno 1.778 lavoratori.
Per garantire la funzionalità dell’Istituto serve innanzitutto una revisione del fabbisogno, che deve essere costruito secondo le reali necessità e non seguendo il concetto di contenimento della spesa del personale. A seguire serve un piano straordinario di assunzioni di tutte le professionalità necessarie a garantire il buon funzionamento dell’ente, compreso geometri, periti industriali e infermieri, questi ultimi necessari per garantire il funzionamento dei centri medico legali, evitando interventi come quelli recenti con i quali si obbliga il personale alla presenza in servizio di sabato per smaltire l’arretrato e sopperire alle carenze di organico.
Occorre, infine, risolvere all’Aran la questione relativa al nuovo sistema di classificazione, garantendo la possibilità a tutto il personale delle Aree A-B-C di percorrere l’intera carriera, una condizione necessaria non solo per risolvere una volta per tutte il problema del mansionismo ma anche per favorire l’ingresso di diplomati in INPS senza riprodurre i fenomeni di sfruttamento che da tanti anni contrastiamo.