La crisi ha "comportato una riduzione della propensione al risparmio delle famiglie italiane. Tra il 2008 e il 2010 il tasso di risparmio delle famiglie consumatrici è sceso dal 12,1 al 9,7% del loro reddito disponibile lordo. Nel 1991 il tasso era più del doppio, pari al 23,8%". Per Confimprese, una famiglia su quattro non riesce più a risparmiare
MILANO - Il reddito da lavoro non basta al 65% delle famiglie italiane. E, come se non bastasse, sono sempre di più quanti hanno un reddito insufficiente a coprire i consumi. E' l'allarme lanciato da Bankitalia in due studi in cui avverte che in crisi sono soprattutto giovani e affittuari: "A conferma del disagio espresso dai nuclei familiari - spiega via Nazionale - nel 2010 è aumentata al 65% (era al di sotto del 40% nel 1990) la quota di quelli che valutano il proprio reddito inferiore a quanto ritenuto necessario. L'incremento è più diffuso per i nuclei che vivono in affitto, in cui il capo-famiglia è operaio oppure disoccupato, pensionato, impiegato a tempo parziale". L'allarme è confermato anche da un terzo studio di Nielsen per Confimprese, riferita al 2013. Una famiglia su quattro non riesce a risparmiare, oltre una su due (54%) tira la cinghia e compra solo l'essenziale, il 52% cerca prodotti in promozione o scontati, il 30% compra meno in assoluto.
BANKITALIA. La recente flessione del saggio di risparmio delle famiglie italiane, quasi 4 punti percentuali tra il 2007 e il 2011 - spiega lo studio - è avvenuta a fronte di una sostanziale stazionarietà in Francia e in Germania. Inoltre, dalle valutazioni espresse dalle famiglie nell'ambito dell'Inchiesta mensile sulla fiducia dei consumatori, emergono chiari segnali di difficoltà delle famiglie nel riuscire a risparmiare la quantità di risorse desiderata, in presenza di una marcata contrazione del reddito disponibile e del contestuale obiettivo di contenerne l'impatto sul proprio tenore di vita. La quota di famiglie che ritengono di avere effettive possibilità di risparmio si è collocata su livelli storicamente bassi, intorno al 30% dalla metà dello scorso decennio (era sul 50% all'inizio degli anni novanta). A partire dall'inizio della crisi, sottolinea ancora lo studio, "è aumentata la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Nel 2010, il 9% delle famiglie italiane aveva un reddito basso e, in caso di perdita del lavoro, una ricchezza finanziaria sufficiente per vivere a livello della linea di povertà per appena sei mesi. Fra i giovani la percentuale è il 15% mentre sale al 26% per gli affittuari".
La crisi ha inoltre "comportato una riduzione della propensione al risparmio delle famiglie italiane. Tra il 2008 e il 2010 il tasso di risparmio delle famiglie consumatrici è sceso dal 12,1 al 9,7% del loro reddito disponibile lordo. Nel 1991 il tasso era più del doppio, pari al 23,8%". Dallo studio emerge così che "molte famiglie non riescono a risparmiare. La percentuale di nuclei con reddito inferiore ai consumi (risparmio negativo) è aumentata di quasi tre punti fra il 2008 e il 2010 fino a raggiungere il 22%". La concentrazione della ricchezza ha ripreso a crescere in conseguenza degli effetti della crisi: "La quota di ricchezza netta detenuta dal decile più ricco è risalita tra il 2008 e il 2010 dal 44 al 46,1%, così come quella posseduta dall'ultimo quartile è aumentata dal 54,9 al 58,3%. Confrontando nel 2010 le quote in possesso dell'ultimo decile e del 50% più povero per ricchezza e reddito si rileva uno scarto di 37 punti percentuali tra le due classi di ricchezza e di 15 punti per le corrispondenti classi di reddito, in aumento di 12 punti negli ultimi 20 anni".
CONFIMPRESE. Una famiglia su quattro non riesce a risparmiare, oltre una su due (54%) tira la cinghia e compra solo l'essenziale, il 52% cerca prodotti in promozione o scontati, il 30% compra meno in assoluto. Sulla voce di contenimento degli acquisti, il trend è in crescita di 3 punti percentuali rispetto al 2012. Nel 2012 il risparmio incrementale rispetto al 2011 è stato pari a 1,2 miliardi di euro, di cui 733 milioni provengono dalla razionalizzazione della spesa sui prodotti più cari e 155 milioni dallo spostamento sui discount. A proseguire la marcia negativa sono anche i tagli delle quantità acquistate: in gennaio si è registrato il -1,8% a valore e il -2,4% a volume sullo stesso periodo del 2012 a prezzi costanti. Il Nielsen Consumer Confidence Index segnala inoltre la flessione della fiducia degli italiani. Nel quarto trimestre 2012 l'Italia mostra l'indice di fiducia più basso in Europa e uno dei più bassi rispetto ai 55 Paesi analizzati nel mondo.
Nel raffronto 2012 sull'intero 2011 emergono dati preoccupanti: il 28% degli italiani ha paura di perdere il proprio posto di lavoro (+4% rispetto al 2011), l'85% ritiene non buono o pessimo lo stato delle proprie finanze (+4% sul 2011), il 92% ritiene il momento non adatto per compiere acquisti (+7% sul 2011). "Dati che confermano - commenta Mario Resca, presidente Confimprese - il clima di incertezza dovuto, oltre che alla crisi e alla mancanza di denaro circolante, anche allo stallo della fase politica. Gli italiani hanno abbandonato gli acquisti d'impulso, rinunciano a qualsiasi bene superfluo e nel carrello della spesa, food o no food che sia, mettono i beni di primaria necessità, tanto che la metà delle famiglie rispetta in modo rigido i piani di spesa".
(05 marzo 2013)