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Comunicati Stampa

Basta traffico di armi nei porti

Nazionale,

Sono anni che dal Porto di Genova assistiamo al transito di mezzi dell’Esercito Italiano diretti verso esercitazioni nazionali o NATO; oppure dei prodotti che l’industria bellica “made in Italy” esporta nel mondo, ultimi i camion militari Iveco per l’esercito tunisino; o ancora i pick-up Toyota che via Tunisi finiscono a Tripoli, probabilmente anche nelle mani di una delle tante milizie locali.

Abbiamo visto e continuiamo a vedere le navi della compagnia Bahri operare sotto scorta e sorveglianza, non a tutela della sicurezza di chi vi lavora e del porto che le ospita, ma per fare in modo che i traffici di cui sono vettore proseguano indisturbati.

Oggi, invece, per la prima volta abbiamo visto carri armati mimetizzati da comune “trasporto straordinario”, sbarcare dal traghetto GNV proveniente da Palermo. Voci non confermate sostengono che potrebbero essere destinati all’Ucraina in guerra.

È nostra convinzione che l'economia di guerra e i traffici d’armi che questa determina sono una delle principali cause dei conflitti e della loro deflagrazione quando le classi dirigenti li alimentano, operando in palese spregio delle leggi nazionali secondo cui l’Italia ripudia la guerra e si astiene da ogni fornitura e supporto militare alle parti belligeranti.

Quello che dovrebbe essere un punto fermo della vita politica e civile del nostro Paese, da decenni ormai è stato completamente messo in soffitta in ossequio ad interessi industriali e geopolitici del tutto estranei ai lavoratori e alla città.

Per noi, invece, è una questione inderogabile, perché siamo convinti che i porti commerciali non possono diventare in alcun modo e per nessuna occasione snodi della logistica militare, esponendo i lavoratori e la città, di cui il porto è parte integrante, a una escalation di rischi ingiustificabile.

Ma anche perché non accettiamo più un sistema in cui, quando si parla di sicurezza sul lavoro, carovita e povertà, ci viene detto per i lavoratori – quelli che ne hanno uno, quelli che lottano per tenerselo o per trovarlo – “i soldi non ci sono”, mentre per alimentare guerre chi ci governa i soldi li trova subito, per di più esponendo il paese in contesti bellici dai risolti potenzialmente incontrollabili.

Per questi motivi USB Porto si riserva di intraprendere ogni forma di lotta a tutela degli interessi dei lavoratori portuali, che sempre più spesso, come in questo caso sono anche quelli della città.

USB Porto di Genova