Si è scritto molto, si è investigato, si è perquisito, si è minacciato, si è vietato. Dopo il 15 ottobre le questioni di ordine sociale presenti nella mobilitazione romana hanno lasciato il posto alle invettive e a numerose e diverse forme di criminalizzazione e di distinguo verso gli avvenimenti di quella grande giornata. Centinaia di migliaia di persone fortemente motivate contro le manovre finanziarie iniziate in estate e soprattutto, nella stragrande maggioranza, non riconducibili a schieramenti organizzati. Un'eccedenza e una complessità che durante la giornata si è rappresentata nella sua interezza.
Le modalità di gestione dell'ordine pubblico sia durante che nei giorni successivi al 15, hanno mostrato il volto di chi è intenzionato a bloccare sul nascere il disagio sociale crescente, sia nelle piazze che nelle case di decine di attivisti/e in tutta Italia.
Nella nostra città il sindaco Alemanno si è subito innalzato a nume tutelare di Roma, vietando i cortei nel centro storico per un mese a causa dei danni subiti per opera dei manifestanti. Ora che si dovrebbe fare, dopo che l'incuria e l'inerzia hanno colpevolmente permesso che la città fosse allagata da un forte temporale e tragicamente colpita dalla morte di un uomo che aveva trasformato un sottoscala in abitazione di fortuna? Interi quartieri nel panico e milioni di euro di danni, è questa la politica della sicurezza sociale del primo cittadino?
Noi non intendiamo accettare le ricostruzioni per schemi che ci stanno proponendo i mezzi di informazione, impegnati a dividere il corteo tra buoni e cattivi. Le indicazioni del ministro Maroni e della quasi totalità delle forze politiche e sindacali puntano il dito con decisione contro quella realtà sociale larga e composita, che sin dalle prime ore di preparazione della mobilitazione del 15 ottobre ha proposto di muoversi verso i responsabili del debito e contro la city politica romana.
“A casa non si torna” è un pensiero comune che non si è spento con la giornata del 15 e per quanto riguarda la nostra esperienza intendiamo ripartire da qui. Proponendo, così come accade in Val di Susa, che la ripartenza sia affidata ai territori e alle lotte in difesa dei beni comuni, del posto di lavoro, del reddito, dei diritti di cittadinanza. Unico modo questo per non pagare il debito, per non accettare i processi di privatizzazione, la limitazione della democrazia e della libertà di movimento, per un diverso modello di sviluppo.
A Roma significa ripartire della sfiducia al sindaco Alemanno, firmatario di un protocollo in dieci punti sulla città, completamente disatteso. Tre anni di governo insipiente, basato sull'allestimento di vetrine mediatiche infarcite di progettazioni per grandi opere e grandi eventi lontane dalla realizzazione, piuttosto che sulla tutela dei diritti degli abitanti di questa città.
Ora basta! Con la stessa determinazione del 15 ottobre affrontiamo Alemanno e sfiduciamolo dal basso. Discutiamo insieme le prossime iniziative, incontriamoci venerdì 28 ottobre 2011 alle 17.30 al Deposito Atac occupato a San Paolo.