È notizia di oggi l’individuazione e lo smantellamento di una vasta rete di sfruttamento tra Calabria e Basilicata, grazie alle indagini della Guardia di Finanza. Circa 200 braccianti sono stati lesi nei diritti fondamentali e nella loro dignità: sfruttati per 10 euro al giorno, costretti a vivere in condizioni indegne e insalubri e a dormire a terra, considerati alla stregua di oggetti da caporali e aziende, vittime di violenze fisiche oltre che sottopagati. Non è un caso se nelle intercettazioni questi lavoratori vengono definiti ‘scimmie’ da caporali e padroncini. Sessanta dei quali sono stati arrestati o sono destinatari di misure cautelari, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
USB si rallegra del successo dell’operazione investigativa, che ha permesso di smantellare un’organizzazione dedita allo sfruttamento di esseri umani. Ribadiamo ancora una volta che fino a quando le politiche migratorie e del lavoro in Italia non assicureranno diritti certi per questi lavoratori, il caporalato persisterà, approfittando della condizione di necessità e di estrema precarietà che alcune categorie in particolare sono costrette a fronteggiare.
I matrimoni finti, al centro dell’operazione ‘Demetra’, erano funzionali all’ottenimento di permessi di soggiorno per i nuovi schiavi reclutate dalle aziende, 14 delle quali sequestrate tra la provincia di Matera (12) e quella di Cosenza (2), per un valore di oltre 8 milioni di euro.
Le responsabilità delle aziende nella piaga dello sfruttamento devono essere oggetto di maggiore attenzione da parte delle istituzioni, dato che spesso ci si concentra sul caporalato senza considerare che queste figure – i caporali – altro non sono che catene di mediazione tra la domanda e l’offerta. Inoltre la filiera agro-alimentare, subordinata ai diktat della Grande Distribuzione Organizzata, gioca un ruolo determinante nel generare occasioni di sfruttamento, dato che genera decine di milioni di euro ogni anno, ma massimizza i profitti nel risparmiare sui salari ai lavoratori, oltre che sulla riduzione dei compensi ai produttori locali.
Più in generale, è l’assenza di diritti a porre migliaia di lavoratori stranieri nel mirino di caporali e sfruttatori. Fino a quando il permesso di soggiorno – la patente per un soggiorno regolare in Italia – sarà di arduo ottenimento, nonché vincolato alla ‘magnanimità’ del datore di lavoro, così come strutturato nel processo di regolarizzazione posto in essere dal governo, i casi di sfruttamento non diminuiranno, e il potere di vita e di morte sui migranti sarà sempre nelle mani di organizzazioni criminali pronte a fare affari con pezzi dell’agroindustria.
Ancora una volta, chiediamo con forza diritti e dignità per tutte e tutti.
Coordinamento lavoro agricolo Unione Sindacale di Base
USB – Federazione Calabria