L’incontinente Sala, che di mestiere dovrebbe fare il Sindaco di Milano, ha tirato fuori un’altra delle sue idee “progressiste” anni ‘50: l’introduzione delle gabbie salariali.
Dopo “Milano non si ferma”, un invito a schifare il virus in pieno lockdown e in una delle Regioni più colpite dall’epidemia; passando per “basta Smart working, torniamo al lavoro”, in un plurale majestatis degno di ben altre cause; ora vorrebbe stipendi differenziati tra nord e sud, per i dipendenti pubblici, a seconda del costo della vita ed in barba al contratto nazionale che verrebbe così cancellato in nome di una parametrazione salariale territoriale. L’espressione dei sogni padronali.
A parte che le gabbie salariali in questo Paese permangono nei fatti nonostante le dure lotte degli anni ‘70 che pure, sulla carta, le hanno abolite (ad esempio in sanità dove le risorse vengono stanziate a livello regionale penalizzano i lavoratori e le lavoratrici delle regioni in Piano di Rientro e/o Commissariate che, oltre a stipendi più bassi hanno anche carichi di lavoro molto più pesanti a causa della disparità di personale in servizio), le gabbie salariali rappresentano una tra le discriminazioni più odiose nel mondo del lavoro, al pari dell’abolizione della scala mobile che era, per antonomasia, lo strumento di contrasto alla diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita.
L’esternazione di Sala riconduce ad una visione del lavoro come variabile dipendente del capitale e la contrazione del costo del lavoro come la ricetta stantia da riproporre all’infinito nonostante il fallimento delle politiche degli ultimi 30 anni sia sotto gli occhi di tutti.
E non importa che si parli dei lavoratori e delle lavoratrici della Pubblica Amministrazione, coloro i quali garantiscono quotidianamente servizi essenziali alla cittadinanza, sanità - scuola - previdenza su tutte, sempre più in condizioni proibitive, con un contratto già scaduto da 2 anni e con il precedente rinnovato dopo quasi 10 anni di blocco e senza il recupero di quanto perso nei lunghi anni precedenti.
Sala anticipa inoltre uno degli obbiettivi di quell’autonomia differenziata per ottenere la quale alcuni governatori delle regioni del Nord, tra cui la Lombardia, tanto si sono spesi e che solo momentaneamente, a causa dell’emergenza sanitaria, sembrerebbe passato in secondo piano. Un progetto discriminante e pericoloso che acuisce le disuguaglianze come, purtroppo, continua plasticamente a dimostrarci l’epidemia da Covid.
Ma visto che in questo Paese di diseguaglianze ne abbiamo già troppe, noi diciamo NO all’autonomia differenziata, NO alle gabbie salariali! Uguale lavoro uguale salario!
Unione Sindacale di Base – Pubblico Impiego