da il Manifesto del 26 marzo '08
di Carlo Leone Del Bello
La crisi finanziaria negli Usa non accenna a dare segni di miglioramento: crollano i prezzi delle case e con loro la fiducia dei consumatori. Intanto, mentre a Wall Street non si confida nel ritorno del toro, la trama si infittisce grazie al governo, che individua nel sistema delle Casse di risparmio il nuovo salvagente della finanza cartolarizzata.
L’euforia dei mercati, rivitalizzata lunedì dalla notizia dell’andamento inaspettato delle vendite immobiliari, ha subito ieri un nuovo stop. Si vendono infatti più case, ma a un prezzo decisamente basso, almeno secondo quanto stimato dall’indice Case-Shiller diffuso ieri. L’indicatore, che tiene conto dei prezzi immobiliari in venti zone chiave, è sceso del 10,7% in febbraio rispetto all’anno precedente. Il dato è il più basso dal 2000, anno in cui è stato varato l’indice. In alcune città, come Miami e Las Vegas, i prezzi sono calati di quasi il 20% in un anno. L’effetto domino causato dallo scoppio della bolla immobiliare sta coinvolgendo sempre di più l’economia reale, a giudicare dall’ultima osservazione sulla fiducia dei consumatori americani. Secondo l’indice del Conference Board, la fiducia è nuovamente crollata a marzo di oltre dieci punti, a 64,5 dai 76,4 di febbraio. A peggiorare moltissimo, oltre al giudizio sulla situazione presente, sono le aspettative per il futuro, il quale indice è crollato ai minimi dal 1973, anno in cui si verificavano eventi nefasti quali lo scandalo Watergate e la prima crisi petrolifera. In particolare un mnumero sempre crescente di consumatori intervistati si aspetta un peggioramento delle condizioni nei prossimi sei mesi, soprattutto sul versante della perdita di posti di lavoro.
I mercati azionari non si fanno però deprimere da questi dati tremendi e invece tentennano intorno alla parità del giorno precedente. Ma comunque ieri si è saputo che ben 34mila persone sono state licenziate negli ultimi 9 mesi nel settore finanziario, quasi quanto i posti di lavoro persi nei primi mesi del crollo della new economy. Ci sarebbe da preoccuparsi anche per l’economia della città di New York: un terzo dei redditi della Grande mela vengono infatti dall’«indotto» di Wall Street. Nel frattempo, tra chi pensa che il peggio della crisi sia già passato e chi invece vaticina la fine dell’era d’oro dell’industria bancaria, la Federal Reserve inietta altri 50 miliardi nel sistema. A giudicare dalle richieste, 38 miliardi in più di quanto assegnato, e dal tasso di interesse del 2.61%, ben più alto del tasso sui Fed funds, le istituzioni americane sono ancora assetate di liquidità.
Contemporaneamente spunta una nuova arma – o se si vuole, un nuovo fondo del barile da grattare – per far rinascere il problematico mercato dei titoli da cartolarizzazioni. Il governo degli Stati uniti ha raddoppiato per le Casse di risparmio il limite massimo di titoli ad alto rischio – tra cui i derivati dai mutui che possono detenere: da tre a sei volte il capitale sociale. Le Casse di risparmio, istituzioni finanziarie in genere piccole, che raccolgono fondi e concedono mutui su base locale, dovrebbero quindi correre in soccorso della grande finanza, comprando tutti gli strumenti finanziari rischiosi che per ora nessuno vuole. L’ultima volta che queste furono coinvolte in una crisi finanziaria, dopo lo scoppio della bolla immobiliare del 1985, furono salvate dal governo con un esborso di 100 miliardi. Da allora il ruolo di queste istituzioni finanziarie è fortemente ridotto, ma all’epoca, per farle uscire dalla crisi, fu concesso loro di speculare su titoli rischiosi.