Come per altri settori anche la gestione delle case popolari, negli anni 90, è stata oggetto di privatizzazione. Si diceva che gli enti pubblici erano dei “baracconi”, che la gestione privata sarebbe servita per garantire maggiore efficienza e minor spreco garantendo al contempo un miglior servizio per i cittadini.
Nell'ultimo rapporto sulla condizione abitativa in Toscana risulta evidente come questo modello sia miseramente fallito.
Il patrimonio pubblico disponibile e assegnabile si è ridotto, negli ultimi 40 anni, di circa il 30%. In alcune città anche in percentuali più alte.
Il 50% degli stabili popolari, sono vecchi, sono stati infatti costruiti prima del 1970. Quasi 3500 alloggi risultano sfitti cioè circa il 7%. Sarebbe questo il minor spreco e la migliore efficienza?
Le politiche sulla casa sono gestite a livello Regionale così come la gestione della sanità. Il modello Toscano di fatto è solo una leggenda e così come il nostro sistema sanitario si è trovato impreparato per la gestione della pandemia allo stesso modo saremo impreparati a “gestire” il disagio abitativo che si creerà a seguito della crisi economica e quando la proroga degli sfratti sarà terminata.
E' normale quando si affida a società che operano come privati dovendo invece gestire un servizio pubblico.
Si parla di 6500 sfratti già programmati e al momento non eseguiti grazie al blocco temporaneo. A questi numeri bisogna aggiungere le altre migliaia di famiglie che hanno accumulato delle morosità nel corso della pandemia o che non sono riuscite a pagare il mutuo nonostante le misure messe in campo.
Per poter affrontare questa situazione non vi è alternativa allo stanziamento di risorse aggiuntive per la ristrutturazione degli alloggi sfitti, acquisizione di alloggi vuoti di proprietà degli enti pubblici (come ad esempio l'Inps che ha 321 case vuote e inutilizzate) e un nuovo programma per la costruzione di case popolari senza ovviamente nuovo consumo di suolo. Di aree, già urbanizzate, sulla quale intervenire abbiamo l'imbarazzo della scelta.
Invece la regione Toscana ha pensato bene di spendere nel 2020, 11 milioni di euro in forme di sostegno all'affitto, denaro che finisce direttamente nelle casse dei proprietari privati che a loro volta non hanno concesso, nella maggioranza dei casi, alcuna riduzione degli affitti.
Con il pretesto della mancanza di strutture e di personale si è progressivamente deciso di appaltare al terzo settore la gestione dell'emergenza abitativa traghettando milioni di euro dalle casse pubbliche a quelle del privato sociale.
Il recovery fund potrebbe essere una prima occasione per investire nell'edilizia pubblica, così come l'ecobonus del 110% sulle ristrutturazioni, a condizione che i fondi siano gestiti direttamente dal pubblico monitorando i progetti da mettere in campo per evitare che i soliti avvoltoi utilizzino tali fondi risparmiando e gonfiando, ad esempio, i preventivi per gli appalti. Potremmo fare diversi esempi. Uno tra tutti i nuovi palazzi popolari costruiti nel quartiere shangai a Livorno, costati qualche milione di euro e che, a distanza di due anni dalla fine dei lavori, presentano già numerose problematiche strutturali che hanno costretto l'ente a spendere altre risorse per interventi di manutenzione.
Così come bisogna scongiurare inutili progetti pubblico/privato come il cosiddetto “housing sociale”. Un regalo alle imprese di costruzione e alle società immobiliari che poi affitteranno gli alloggi praticamente a prezzi di mercato.
In generale diventa sempre più urgente una politica nazionale che rilanci il settore pubblico a nostro avviso anche attraverso una tassazione progressiva sulle grandi rendite immobiliari.
Lo abbiamo più volte ribadito, ed oggi visti gli scenari di crisi economica e sanitaria che ci si prospettano dinnanzi lo ripetiamo ancora più forte: sul tema del diritto all'abitare bisogna invertire la rotta drasticamente!
✊UNITI SIAMO IMBATTIBILI - LA CASA E' UN DIRITTO!
Asia-Usb Toscana