L'ennesima beffa a danno dei lavoratori e delle lavoratrici, ecco il Decreto legislativo 150/09 voluto dal Ministro per la Funzione Pubblica Renato Brunetta e votato dal governo di centrodestra. Sarà pur vero che hanno i voti e il mandato degli italiani, ma, a questo punto, sarebbe da verificare il numero dei “pentiti” e di quelli che ci hanno “seriamente ripensato”.
La legge in sé non è difforme dalla logica che finora ha sottolineato tanti altri provvedimenti presi, vedi il lodo Alfano, le leggi sulla sicurezza, la riforma Gelmini, il bavaglio alla stampa e ai mass media, la questione libica, il respingimento e la morte dei profughi eritrei in acque italiane, lo scudo fiscale, la privatizzazione dell'acqua, i processi brevi e quant'altro.
Questa legge, preceduta da un'ampia campagna di disinformazione sui servizi pubblici e di diffamazione dei suoi dipendenti, da ampie manovre per condizionare l'opinione pubblica contro i lavoratori e le lavoratrici della pubblica amministrazione, a dispetto di tutti gli slogan propagandistici, mira ad un solo obiettivo, tagliare fondi al salario dei dipendenti, privatizzare i servizi, deprimere quelli erogati, smantellare lo stato sociale a vantaggio dei profitti di Confindustria e delle aziende private.
Tutto questo, come sempre, nell'intento di spostare somme di denaro destinato ai servizi pubblici per concentrarlo nelle mani di pochi privati secondo una logica di mercato neoliberista o, meglio, “anarcoliberista” che, come ci ha insegnato la storia, non possiede certo quella “mano invisibile” capace di redistribuire ricchezza e reddito a tutti, ma capacissima invece di arricchire pochi furbi a danno dei molti poveri. Ecco perché questo decreto è un'operazione di natura soprattutto “culturale”: la recessione oggi non è solo economica, è anche una recessione di idee e di pensiero; ma la restaurazione durerà poco e quello che la storia ha prodotto lentamente negli anni, non potrà essere abbattuto in poco tempo.
Brunetta porta i lavoratori pubblici indietro di venticinque anni, vanificando conquiste consolidate e subordina il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro alla Legge, cioè al Decreto Legislativo 150/09. Ora, però, sarà importante vedere come possa questa legge conciliarsi con lo “Statuto dei Lavoratori”, simbolo di un lavoro davvero meritorio e produttivo, redatto da uomini di assoluta integrità morale, padri del diritto del lavoro italiano e della nostra democrazia.
Da anni siamo abituati a subire attacchi ai nostri diritti ed anche senza i rimaneggiamenti della legge 165/01, la produttività è sempre stata un terno al lotto, è stato il momento in cui prevalevano ragioni del tutto estranee alle logiche del rendimento lavorativo e del buon funzionamento dei servizi, ma in cui prevalevano piuttosto interessi e amicizie politiche, interessi e amicizie personali dei nostri dirigenti, rapporti di forza e di potere, posizioni consolidate da anni, scambi di favori.
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, potremmo laconicamente commentare citando il titolo del libro di Remarque, in più però stavolta la situazione peggiora perché la dirigenza acquista maggiori poteri a scapito delle prerogative sindacali. Ci troviamo, nei fatti, a giocare a “guardie e ladri”; nel senso che se la dirigenza, peraltro anch'essa ricattata, gioca la parte delle guardie, i dipendenti fanno quella dei ladri, soprattutto l'ultima fascia, quel 25% di “cattivi” che non solo non percepiranno alcun compenso sullo stipendio accessorio, ma rischieranno - dopo due anni di permanenza in questa fascia - perfino il licenziamento. “Adesso che abbiamo trovato i veri responsabili dei tanti mali della Pubblica Amministrazione, siamo tutti più contenti” direbbe l'inarrivabile Luciana .
Si è voluto così dare un impulso alla premialità e una valorizzazione del merito attraverso la valutazione del personale e delle strutture pubbliche agendo sulla differenziazione dei lavoratori; ma se la nostra Costituzione sancisce il principio di uguaglianza, se di fronte alla legge siamo tutti uguali, perché proprio la legge discrimina e divide nel trattamento economico e nel giudizio di merito? Chi andrà poi a finire nella fascia più bassa, cioè in quella del “demerito”? Il problema delle pari opportunità non è solo un problema di genere, ma anche di condizioni di partenza diverse. Che ne sarà coloro che non hanno potuto studiare perché provenienti da situazioni povere, quelli che non hanno potuto professionalizzarsi più di tanto perché fuori dai circuiti che “contano”? Quanti sono emarginati magari per problemi familiari gravi, di malattia, di reddito, perché giovani, perché donne, perché diversamente abili o altro? L'appartenenza ad una delle fasce deboli che compongono la nostra società, espone fortemente al rischio di ritrovarsi poi collocati nella fascia a rischio del Decreto legislativo 150/09.
Andiamo avanti, il codice disciplinare è imposto e non è soggetto ad alcuna contrattazione e non è più possibile impugnare un provvedimento disciplinare in sede locale, impedendo quindi ai sindacati la conciliazione dei contraddittori; l'impugnazione sarà possibile solo in sede provinciale o presso il giudice de lavoro con aggravio dei tempi, dei costi e delle procedure burocratiche.
La progressione verticale è possibile con concorso esterno, solo il 50% dei posti a disposizione sono riservati al personale interno e tra i titoli di merito c’è l’essere giudicati per due anni consecutivi o cinque non consecutivi nella fascia dei meritevoli, o in quella d' “eccellenza”. Eccellente non ce lo davano neanche a scuola, si fermavano all'ottimo, forse è paragonabile con il 10 e lode delle elementari o con il 30 e lode dell'università.
Ma stiamo lavorando o dando i numeri? Comunque un 5% potrà avere l'eccellenza e il conseguente corrispettivo. Decurtazione dell'80% sullo stipendio dei dirigenti che non adempiano alle disposizioni e danno erariale per eccedenza di personale. Prevista l'attivazione di una Commissione esterna e autonoma di controllo e valutazione complessiva delle performance date, dove l'articolo 14 prevede anche che i dipendenti possano esprimere un giudizio sull'operato del proprio superiore gerarchico.
Un premio a chi presenterà il miglior progetto capace di produrre cambiamenti organizzativi e migliorativi dei processi di lavoro, questo produrrà anche titolo di merito per l'accesso all'alta formazione, ma ditemi, qualcuno ha mai fatto alta formazione? Avete mai visto un vostro collega accedere all'alta formazione? Negli anni a venire sapremo dirci se questa legge ha cambiato qualcosa, perfino la Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione offre didattica a pagamento.
Impulso alla trasparenza e alla legalità attraverso la pubblicazione sui siti internet istituzionali dell'ammontare dei premi stanziati e il grado di differenziazione della premialità, i dati relativi alla contabilizzazione e all'evidenziazione dei costi effettivi e di quelli imputati al personale per ogni servizio erogato e il monitoraggio del loro andamento nel tempo, e soprattutto pubblicazione sui siti internet istituzionali dei contratti integrativi evidenziando gli effetti attesi in esito alla sua sottoscrizione, anche in relazione alle richieste dei cittadini.
Soggetti a valutazione anche il raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali, la qualità del contributo dato, le competenze dimostrate e i comportamenti professionali, questi ultimi a patto che non siano interpretati come comportamenti servili e acquiescenti verso la dirigenza e penalizzanti verso chi pensa “a modo suo” e “diversamente” e magari si permette pure di “cantare” fuori dal coro.
Alcuni dettati legislativi, di per sé andrebbero anche bene, ma si sa poi le cose come vanno e quale sia il costume nazionale in questi frangenti, ognuno favorisce secondo il proprio tornaconto, ecco allora istituito l'Ispettorato per la Funzione Pubblica, ma il problema ultimo è sempre lo stesso: chi controlla i controllori?
Meriti e soprattutto limiti di ogni legge trovano un fermo di fronte all'uomo, in quel fondo personale di regole, comportamenti e discipline che ogni uomo e ogni donna si dà nel fondo della propria coscienza e della propria identità, nel suo agire all'interno della società civile.
Coraggio, se finora stavamo difendendo i nostri diritti, il momento richiede una ben maggiore forza d'animo. Insomma i lavoratori e le lavoratrici tutte sono chiamati a passare all'offensiva, non è possibile che la crisi economica venga pagata sempre dai più deboli e che, per zittirli e intimorirli, si sanciscano norme dalla mano pesante in un momento così difficile. A fronte di tutto questo controllo e tutta questa sorveglianza sulla produttività, sulla presenza, sull'assenza per malattia e mille altri spauracchi, nessun ministro ancora ha proposto nulla di veramente migliorativo e innovativo per l'amministrazione pubblica e di questo si avrebbe davvero bisogno.
E allora siamo proprio noi lavoratori chiamati a questo ulteriore sforzo, ecco perché desideriamo ripetere che serve non solo la difesa dei diritti, ma soprattutto una rivendicazione di quello che nessuno ancora ci ha dato in alcun decreto legge: la dignità del proprio ruolo e della propria professionalità, uno stipendio adeguato, la sicurezza “vera” sui posti di lavoro, la libertà di esprimere il proprio parere senza paura di ritorsioni e minacce, la corretta applicazione delle norme già vigenti e così spesso disattese, il calo della disoccupazione e dunque la fine dei sottorganici, la riorganizzazione del lavoro, la gratificazione di vedere l'utenza soddisfatta, i necessari finanziamenti per espletare qualsiasi progetto, la fine dell'ingerenza politica nelle decisioni, l'accesso delle donne alle posizioni di rilievo e le pari opportunità intese non solo dal punto di vista sessista ma anche classista, il desiderio di poter avere compagni di scrivania anche i cittadini della Comunità Europea, davvero finora mai visti, o anche quelli extracomunitari, sarà pure avveniristico ma... che differenza c'è?
Compito del sindacalismo di base sarà quello di tenere gli occhi aperti su ciò che succederà a chi sperimenterà sul campo il nuovo decreto, di ascoltare le richieste e i bisogni dei lavoratori, di cercare spazi per il dialogo e il confronto, di schierarsi sempre dalla parte dei più deboli e cercare di risolvere i problemi più difficili.
Organizziamoci dunque e prepariamoci a chiedere per ottenere
RdB del Consorzio Bibliotecario dei Castelli Romani