Nella mattina del 9 settembre, la questura di Catanzaro ha notificato decine di avvisi di chiusura indagini ad altrettanti sindacalisti dell'Unione Sindacale di Base, dei COBAS e ad attivisti dei collettivi antagonisti calabresi.
Le accuse sono di manifestazione non autorizzata ed interruzione di pubblico servizio, si riferiscono a diverse mobilitazioni avvenute negli ultimi due anni.
Da quanto apprendiamo dalla stampa, la Procura di Catanzaro ha diffuso la notizia secondo cui le proteste si sarebbero tenute per esprimere contrarietà alle misure anti-covid imposte dal governo.
Questa ricostruzione è falsata dalla necessità di criminalizzare quanti, nonostante la drammatica situazione sanitaria, decisero di scendere in piazza per chiedere all'amministrazione regionale e al governo interventi immediati per rafforzare il sistema sanitario pubblico, a partire dalla riapertura degli ospedali. Ma non solo, si chiedeva di garantire un reddito a chi era stretto nella morsa della crisi sociale ed economica, su tutti i tirocinanti calabresi; in quelle manifestazioni abbiamo rivendicato il diritto al lavoro dignitoso per i lavoratori e le lavoratrici del S. Anna Hospital, che rischiavano di rimanere a casa a seguito della chiusura della struttura.
Siamo scesi in piazza per restituire dignità all’intera popolazione della nostra regione, mortificata e presa in giro in diretta TV nazionale da quelle figure che dovevano rappresentare le istituzioni: questi sono i fatti. Sono decine le interviste, i programmi televisivi e gli articoli di
giornale, anche di testate straniere, che diedero spazio alla nostra battaglia.
La politica si nascose dietro lo squallido giochetto del toto-commissario, ricordate il valzer Cotticelli, Zuccatelli, Gaudio, Longo? L’allora ministro Boccia, pur di non confrontarsi con la piazza, decise di andare via dalla Cittadella in elicottero e la Procura decise di cominciare ad indagare su di noi. Paradossi rispetto ai quali chi vive in Calabria è abituato a non meravigliarsi.
Tutto questo mentre i proprietari delle cliniche private convenzionate, ieri come oggi, continuano ad ingrassare le proprie tasche di soldi pubblici, la giunta Occhiuto fa proclami e Roma ha immediatamente dimenticato le urgenze dei calabresi, costretti a curarsi tra la capitale, Bologna e Milano.
Quelle a cavallo tra l'autunno del 2020 e la primavera del 2021 furono giornate drammatiche: gli ospedali erano saturi, le ambulanze in fila per ore fuori dai pronto soccorso, i medici e il personale sanitario erano allo stremo e la vita stessa dei calabresi era minacciata.
L'unica risposta fu la nostra: scendere in piazza nel tentativo di riportare l'attenzione della politica nazionale e indurre ad azioni concrete e immediate, nella direzione di un potenziamento del servizio sanitario pubblico regionale che rendesse a tutti gli effetti questa terra una regione dello Stato italiano e non una colonia interna.
Pensare che quanto accaduto in quei giorni abbia dietro una regia occulta, oppure derubricare il tutto dietro la qualifica di “manifestazioni no-vax” può servire solo a far fare carriera a qualche funzionario zelante o a dare i primi segnali intimidatori, in vista di un autunno in cui, per l’ennesima volta, i cittadini pagheranno sulla propria pelle l’incapacità della classe dirigente. I tentativi repressivi saranno rispediti al mittente, nessuno pensi di poter minare così il diritto al dissenso e gettare ombre sulle sacrosante mobilitazioni sociali.
Non ci fermeremo fin quando non avremo raggiunto il diritto a poter godere di una sanità pubblica ed efficiente, di avere un lavoro ben retribuito senza essere sfruttati con paghe da fame come nel caso dei tirocinanti calabresi e di non essere costretti ad emigrare per avere una vita dignitosa.
Pertanto, si mettano tutti l’anima in pace: non saranno queste discutibili iniziative repressive a fermarci. Continueremo a portare avanti le lotte sociali, per i diritti dei calabresi e delle calabresi.
USB Confederazione Calabria
Cobas Cosenza
FEM.IN Cosentine in Lotta
Compagne/i di Catanzaro