Alla grandissima partecipazione allo sciopero generale di tutto il sindacalismo di base e conflittuale dell’11 ottobre, promosso su una piattaforma definita e combattiva, hanno fatto seguito altri scioperi di categoria promossi da diverse organizzazioni sindacali i cui risultati sono decisamente interessanti da analizzare.
Nella scuola venerdì 10 dicembre c’è stato uno sciopero che ha riguardato il complesso dei dipendenti, dagli insegnanti al personale ATA, proclamato unitariamente da alcune corazzate sindacali e da altre organizzazioni che si sono accodate, vale a dire Cgil, Uil, Snals, Anief e poi Cobas Scuola e Cub. Stando ai dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione, allo scioperone pubblicizzato da tutti gli organi di informazione per giorni e giorni, ha aderito il 5,1% del personale interessato.
Lo sciopero del 26 novembre del Pubblico Impiego, specificatamente nel comparto Funzioni centrali, che comprende Ministeri, enti parastatali (Inps, Inail, Aci ecc.) e Agenzie fiscali, proclamato dalla sola USB e mai assurto agli onori delle cronache, ha registrato, sempre secondo dati ufficiali del Ministero della Funzione Pubblica, il 6,77% di adesioni.
I media sono soliti dare notizie delle questioni che riguardano il lavoro utilizzando la generica dizione “i sindacati”, negando così differenze di linea e di piattaforme e soprattutto favorendo l’idea che “i sindacati” siano solo quelli che siedono stabilmente alla corte dei governi. Vale a dire i soliti Cgil, Cisl, Uil, a volte con l’aggiunta di Ugl in omaggio al politically correct.
I dati che riportiamo sulle adesioni a due scioperi nazionali di categoria, uno proclamato da “i sindacati” e l’altro dalla sola USB consiglierebbero una maggiore attenzione a quanto accade nel Paese: non si tratta più di registrare avvenimenti tanto sporadici quanto confinati a ristrette realtà locali o di categoria, ma di dare conto di un panorama sindacale che riguarda, interessa, mobilita davvero milioni di lavoratori, dai dipendenti pubblici a quelli dell’industria, della logistica, dei trasporti, per citarne solo alcuni.
Il bolso cliché “i sindacati” è una cosa ammuffita e fuori dal tempo, come dimostra il furibondo dibattito scatenato intorno all’epocale decisione di Cgil e Uil di proclamare lo sciopero generale, peraltro più che dimezzato dagli occhiuti cani da guardia di quella Commissione di Garanzia sugli scioperi che proprio “i sindacati” avevano contribuito a erigere come una barriera contro il sindacalismo di base e conflittuale.
Che “i sindacati” diano scandalo decidendo di fare una tantum il lavoro per il quale sono nati, testimonia una volta di più quanto negli ultimi decenni abbiano tradito il loro ruolo. Ne è controprova il favore crescente che USB sta incontrando tra i lavoratori, i non garantiti, gli ultimi.
Unione Sindacale di Base