“CEDOLARE SECCA” SUGLI AFFITTI E INQUILINI
Il D.lgs. n. 23/2011, (c.d. decreto sul federalismo fiscale), ha introdotto l’imposta denominata “cedolare secca” sui canoni di locazione ad uso abitativo, pari al 19% per i contratti agevolati o concordati nei comuni ad alta densità abitativa, e al 21% per i contratti locatizi a canone libero.
Sotto un profilo sostanziale, si può affermare che si tratta di una agevolazione fiscale per la parte locatrice, nella forma di una tassazione “secca” sostitutiva dell’Irpef, a fronte della ben più alta tassazione ordinaria per scaglioni, che partiva dal 23%, fino ad arrivare al 43%.
La finalità precipua della normativa che ci occupa e l’intendimento del legislatore, e’ quello di combattere l’evasione fiscale nell’ambito dei rapporti locativi, attraverso il richiamato abbattimento del carico fiscale in capo alla parte locatrice.
La cedolare secca, infatti, va a sostituire il pagamento dell’imposta Irpef, le addizionali comunali e regionali, l’imposta di bollo e l’imposta di registrazione, a condizione però che il rapporto locativo sia posto in essere da persone fisiche che non agiscano nell’ambito della propria attività economica, e non siano società.
Ciò comporterà l’eliminazione, quindi, sia per il locatore sia per il conduttore, delle imposte di registro e bollo per la durata di vigenza dell’opzione posta in essere dalla parte locatrice, la quale potrà comunque revocarla per le annualità successive.
Come chiarito dalla Agenzia delle Entrate, essa potrà essere applicata anche disgiuntamente, qualora l’unità immobiliare risulti posseduta pro quota e solo alcuni dei locatori decidessero di aderirvi.
Affinchè produca gli effetti di legge, l’adesione del locatore alla cedolare secca deve essere portata a conoscenza di ogni singolo inquilino, mediante lettera raccomandata a/r, con la quale si comunica formalmente di aderire al nuovo regime fiscale e conseguentemente di rinunciare all’applicazione degli aggiornamenti Istat per il periodo di vigenza dell’opzione manifestata.
Parallelamente a quanto sopra, il decreto in commento prevede però, un innalzamento delle sanzioni (raddoppiate), nonché ulteriori misure protettive a vantaggio dell’inquilino, nel caso di mancata registrazione del contratto di locazione o della registrazione dello stesso per un importo inferiore a quello del canone effettivamente pagato, ovvero in caso di registrazione di un contratto di comodato fittizio.
Più precisamente è previsto nel decreto che, nei casi sopracitati, la durata del contratto di locazione viene fissata in quattro anni, a decorrere dalla data di registrazione (volontaria o d’ufficio); il contratto è rinnovabile come un normale 4 + 4; il canone locatizio è pari al triplo della rendita catastale oltre l’adeguamento, a partire dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici Istat. Se il contratto viene registrato tardivamente, l’imposta di registro è dovuta sulla base del canone stabilito dalle parti, fino all’annualità in corso alla data di registrazione del contratto.
Dopo l’avvenuta registrazione, l’imposta di registro viene calcolata sul canone, come definito dalla nuova normativa.
In definitiva, si è cercato di instaurare un conflitto di interessi tra locatore e conduttore, regolando ex lege le vicende contrattuali in caso di contravvenzione alle vigenti normative da parte del locatore, sia per ciò che concerne la durata, il rinnovo e il canone contrattuale.
Trascorso il 6 giugno 2011, termine ultimo di “sanatoria” concesso dalla norma ai locatori inadempienti all’obbligo di registrazione contrattuale, gli inquilini hanno la facoltà e il diritto di denunciare i locatori ancora inadempienti all’obbligo della registrazione dei contratti di locazione in essere.
Unica via di uscita per i locatori, infatti, per evitare l’applicazione delle sanzioni soprariportate, era quella di regolarizzare la propria posizione entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, entro cioè il 6 giugno 2011.
Ciò detto, è di palmare evidenza come l’inquilino ha tutto l’interesse a verificare che il suo contratto sia regolarmente registrato e che lo sia per il canone effettivamente versato.
In difetto, egli può denunciare parte locatrice all’Agenzia delle Entrate dato che, come detto, avrà come contropartita la possibilità di godere di un contratto di locazione convenzionale, ovvero regolato dalla legge (4 + 4), oltre ad un notevole risparmio sull’affitto, che sarà pari al triplo della rendita catastale del bene, ed un aumento Istat pari al 75% a decorrere dal secondo anno.
Attenzione però all’ autoriduzione del canone, da ritenersi sempre illegittimo e contra legem in riferimento al sinallagma contrattuale in essere tra le parti.
In questi casi, in difetto di un accordo bonario tra le parti, e prima di adire l’Autorità Giudiziaria, sarà necessario ricorrere alla procedura della mediaconciliazione obbligatoria, ai sensi del D. Lgs. N.28/2010, entrato ormai in vigore dal Marzo del 2011 anche per la materia locatizia.
In difetto di un bonario componimento anche in tale sede della controversia, parte conduttrice potrà tutelare giudizialmente i propri diritti e ragioni.
Avv. Giulio Aleandri