QUALE “CLIMA ORGANIZZATIVO”?
In questi giorni i lavoratori sono chiamati a compilare un questionario sul “clima organizzativo” dell’Ente. Lo scopo è quello di comprendere, attraverso l’elaborazione delle risposte da parte della prestigiosa, e soprattutto privata, Università Bocconi di Milano, lo stato di salute del nostro ambiente, così come da noi percepito. La ratio dello studio è dimostrare che il “clima” condiziona l'andamento delle attività lavorative e i comportamenti delle persone.
La nostra Amm.ne ha aderito a questo studio. Fin qui nulla di sbagliato, a parte che sarebbe bello capire se questa iniziativa ha avuto dei costi e quali.
Il questionario parrebbe davvero anonimo, per cui nessuno di noi dovrebbe essere immediatamente identificabile. Liberi quindi di esprimervi come vi pare o non esprimervi affatto, come consigliato precedentemente dalla RSU. Non esiste una regola.
La domanda fondamentale non risiede nelle risposte al questionario, ma altrove.
Nessuna, ma proprio nessuna, delle domande del questionario misurerà mai il reale disagio dei lavoratori e delle lavoratrici.
Contratto bloccato da oltre 10 anni e al suo rinnovo aumenti risibili, con perdita enorme del potere di acquisto dei salari; assunzioni bloccate per decenni con relativi carichi di lavoro aumentati, con uno sblocco insufficiente a garantire un ricambio generazionale e un potenziamento del pubblico impiego; opinione pubblica sapientemente orientata a considerarci “fannulloni” al fine di procedere nel silenzio più totale a tagli insopportabili ai bilanci da decenni a questa parte, che rendono il servizio pubblico, smembrato e privatizzato, sempre più scadente a fronte del costante impegno dei lavoratori e delle lavoratrici; questi ultimi sempre più anziani e sfibrati da decenni di lavoro in condizioni sempre più difficili, costretti oltretutto a convivere con il divisivo e ingiusto concetto di “merito” e relative pagelline; … e chi più ne ha più ne metta …
Con tutto ciò, come potrà mai esserci un buon “clima organizzativo”?
Le domande del questionario appaiono del tutto fuori tema.
Alcune sfiorano il ridicolo, dimostrando che chi le ha redatte non ha la più pallida idea di cosa sopportano da decenni a questa parte i dipendenti pubblici.
A titolo puramente esemplificativo:
“Ci sono opportunità di carriera all’interno del mio Ente?”. Ma prova tu a rimanere con un salario bloccato con esorbitante perdita di potere di acquisto, con progressioni orizzontali bloccate da un decennio e, quando riattivate, con aumenti modesti e faticosamente conquistati negli anni a suon di “pagelline”! Per non parlare delle ormai inesistenti progressioni verticali!
Altre sembrano fatte apposta per prenderci per i fondelli:
“Il mio Ente si preoccupa della salute nel luogo di lavoro?” Diremmo di no, visto che d’inverno si muore dal freddo e d’estate il caldo negli uffici è insopportabile e che le risposte alle nostre ripetute segnalazioni sono state pressoché nulle!
Ma di che parlano?!
Il questionario appare focalizzato esclusivamente ad analizzare la relazione del lavoratore e della lavoratrice con “i dirigenti” e “i capi”, come se questi ultimi appartenessero ad un’unica categoria, un unico soggetto astratto e idealizzato, in cui risiede la capacità di “motivare” o meno il lavoratore e la lavoratrice. Il questionario propone un modello in cui lavoratori e lavoratrici appaiono soli, subordinati e intimiditi di fronte “ai capi”, ai quali mendicare una buona valutazione del “merito”, capace di infondergli “motivazione” per il raggiungimento dei meravigliosi obiettivi dell’Ente, i quali, ovviamente, dovrebbero essere accettati incondizionatamente dai dipendenti.
E’ banale dire che non è così. Ci sono dirigenti e capi più o meno apprezzabili, che, indipendentemente dal loro valore umano e professionale, costituiscono comunque la controparte dei lavoratori e delle lavoratrici. Questi ultimi, che potrebbero anche non condividere affatto gli obiettivi dell’Ente, costituiscono una collettività, potenzialmente capace di sovvertire i rapporti di forza. Ed è proprio questo che il questionario insabbia!
Siamo forse così ingenui da pensare che le nostre risposte, per quanto cattivissime, siano in grado di misurare le reali cause, fin qui elencate, dell’insostenibile disagio di lavoratori e lavoratrici e che la Bocconi, elaborando queste risposte, troverà la medicina ai nostri mali?
USB pensa che sia sbagliato lo strumento con cui si cerca la malattia (il questionario), e sbagliato il medico che dovrebbe fare la diagnosi (la Bocconi).
La cura giusta è: salari adeguati e contratti veri, più risorse, basta tagli, più assunzioni, stabilizzazione dei precari, no al welfare integrativo, basta pagelline, possibilità di carriera per tutti.
Gridate con noi:
VOGLIO LAVORO E STATO SOCIALE!
USB P.I. Funzioni Locali Liguria.
19 settembre 2019