Abbiamo intitolato “Rompiamo il silenzio” la giornata di mobilitazione indetta il 5 febbraio scorso.
Non si è trattato di un semplice slogan, ma della concreta necessità di riprendere parola dinanzi a quel progressivo arretramento dei nostri diritti e delle nostre tutele che si sta traducendo nella chiusura degli uffici, nella mobilità coatta del personale, nel blocco del comma 165, nelle alterne vicende delle progressioni economiche, nell' allungamento dell'orario di apertura degli sportelli, nel mancato riconoscimento dell'equiparazione salariale tra lavoratori delle Dogane e quelli degli ex Monopoli.
In quella giornata abbiamo messo in discussione l'intera politica dei vertici dell'Agenzia, connettendo tutte le questioni oggi sul tappeto nel nostro comparto.
Su questi ragionamenti abbiamo riscontrato ampia condivisione da parte dei lavoratori e la possibilità concreta di trasformare il malessere individuale che serpeggia nei luoghi di lavoro in un momento di presa di coscienza collettiva.
Le tante mozioni che sono uscite dalle assemblee del 5 febbraio, hanno detto chiaramente che gli uffici non devono essere chiusi perché la funzione del fisco va salvaguardata, che le progressioni economiche per tutti sono la contropartita minima alla quale non siamo disposti a rinunciare, e che il comma 165 deve essere finanziato subito.
Proprio la vicenda del comma 165 e l'assoluto silenzio che avvolge questo argomento ha del paradossale e rischia di concludersi con l'ennesima fregatura per i lavoratori, poiché è concreto il rischio che quelle somme non vengano corrisposte e confluiscano in un unico decreto che accorpi due annualità rimandandone l'erogazione alle calende greche.
Quel decreto, firmato ad ottobre del 2012 e registrato a novembre dalla Corte dei Conti giace, nell'indifferenza generale, in qualche segreta stanza del Ministero.
Non ci interessa organizzare una caccia al tesoro per scoprire ove è nascosto, o peggio entrare nel merito del rimpallo delle responsabilità tra Ministero e Agenzie.
Noi diciamo una cosa semplice ed elementare: è il nostro datore di lavoro che deve garantire l'erogazione di somme che ci spettano perché riguardano lavorazioni ed obbiettivi già raggiunti nel 2010!
Gli stessi obbiettivi che permettono ai dirigenti di rimpinguare le loro già laute retribuzioni e di rivendersi i brillanti risultati raggiunti dai lavoratori in pompose conferenze stampa!
Una amministrazione minimamente seria e responsabile dovrebbe esercitare presso l'autorità politica tutta la pressione necessaria per garantire lo sblocco di quelle somme.
Ed invece i nostri vertici preferiscono, nel baillame della riorganizzazione, difendere o aumentare le loro poltrone, pontificare su economie di scala e modelli organizzativi europei, lasciando al palo i salari dei lavoratori.
Qualche tempo fa, per sanare la scandalosa anomalia degli oltre 700 incarichi dirigenziali l'Agenzia delle Entrate si spese con l'autorità politica per avere una norma ad hoc che “garantisse la funzionalità degli uffici”.
Dinanzi a somme che ci spettano di diritto, per lavorazioni risalenti a tre anni fa, l'amministrazione, invece, fa spallucce e se ne lava le mani.
Ciò accade anche grazie alla ormai palese complicità delle altre OO.SS divise tra chi attende l'intervento salvifico del prossimo governo amico e chi si mette l'anima in pace con iniziative legali che affidano a qualche principe del foro una vicenda tutta sindacale.
Come ha dimostrato la giornata del 5 febbraio, la via della mobilitazione e della lotta è l'unica praticabile.
Ai lavoratori che ci hanno accordato fiducia garantendo la riuscita dei quella giornata, e a chi ci seguirà nelle prossime battaglie, diciamo che quella fiducia è in buone mani e la spenderemo innanzitutto per ottenere lo sblocco di quelle somme.
A partire dalla convocazione del 26 febbraio prevista per discutere dei completamenti dei passaggi dalla seconda alla terza area, incalzeremo l'amministrazione affinché i lavoratori abbiano ciò che gli spetta: lo sblocco immediato delle somme del comma 165!