Tanto abbiamo scritto sul tema delle liberalizzazioni degli orari degli esercizi commerciali, oggi pubblichiamo una interessante analisi di Maurizio Scarpa:
Sempre piu' persone sono senza lavoro, per chi lavora non esistono piu' giorni festini e notti con la famiglia, ma per fortuna quando esci di casa sei solo come un cane... Come e' bello il libero mercato.
Un recente articolo di Repubblica dal titolo “Flop della liberalizzazione del commercio di Monti. Persi 100mila posti di lavoro", fa il bilancio della liberalizzazione degli orari commerciali, in altre parole le aperture festive e notturne dei negozi. Il titolo trae in inganno, perché non di un flop si tratta, ma di un obiettivo raggiunto come peraltro nel testo spiega lo stesso giornalista.
L'obiettivo, in una situazione economica che tutti conoscevamo, non poteva essere l'aumento dei consumi giacché, come direbbe il signor de La Palice, se la gente non ha soldi, non spende. Lo scopo vero, ma non dichiarato, era un altro, cioè quello di trasferire quote di acquisti dalla piccola distribuzione alla grande distribuzione, che in questo modo ha contratto le gravi perdite di fatturato dei Centri Commerciali. E' quello che è successo come descrive bene l'articolo.
Questa scelta miope ha prodotto due gravi storture nel tessuto della società. La prima è l'aumento dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici obbligati a lavorare la domenica e sino a tarda notte, grazie anche alla complicità dei sindacati che hanno firmato i contratti che hanno legalizzato questa norma. In questo contesto, come detto nell'articolo, per la prima volta anche il commercio registra una brusca contrazione dell'occupazione, molto più alta dei 100 mila addetti citati nel testo di Repubblica. Si pensi che questa crisi, oltre alle chiusure di esercizi commerciali e licenziamenti diretti, ha tagliato milioni di ore di lavoro sia sul versante dei contratti a termine non rinnovati sia attraverso la riduzione delle ore supplementari dei contratti part time (che nel passato veniva poi consolidate nel normale orario di lavoro). Personalmente stimo che la riduzione del numero di ore retribuite, tradotte in un lavoro a tempo pieno (FTE - full-time equivalent) dal 2008 ad oggi si aggiri tra le 300 e le 400 mila unità.
Il secondo effetto devastante di questa scelta (che peraltro si è mossa nell'alveo delle scelte già introdotte anni fa dalle liberalizzazioni di Bersani) è quella di modificare il tessuto sociale del nostro paese indirizzando il tempo libero verso i consumi e non verso il benessere psico fisico dei cittadini. Il centro commerciale come Agorà, ma solo come luogo fisico dell'incontro, vissuto nel silenzio e nella solitudine. Questa scelta "moderna" non ha ridotto soltanto la presenza del negozio di prossimità alimentare, ma anche della pizzeria, dell bar, della gelateria etc. Luoghi che contribuivano a creare una coesione sociale sul territorio.
Ora, dopo un giro tra gli scaffali di un ipermercato spingendo un carrellino praticamente vuoto, si passeggia nella galleria del centro commerciale o ci si siede al fresco dell'aria condizionata a mangiare pizze e gelati senza mai scambiare una parola con nessuno.
Non solo nei luoghi di lavoro si deve vivere nella solitudine... ma anche nel tempo libero.
Maurizio Scarpa