La nuova legge di bilancio alla fine contiene ben poco di nuovo e tanto meno di diverso rispetto a quello che abbiamo visto negli ultimi anni. Anzi, per molti aspetti, si pone su una linea di rinforzo e peggioramento delle politiche liberiste dei governi precedenti e imposte dall’Unione Europea.
Per quel che riguarda le lavoratrici, poi, contiene sicuramente dei cambiamenti, ma sono tutti peggiorativi, figli di una logica che non tiene in alcun conto la condizione delle donne sia che si parli di lavoro produttivo che riproduttivo o di cura.
Il provvedimento più grave di tutti è indubbiamente il ‘diritto’ di andare in congedo di maternità a parto avvenuto, ovvero il ‘diritto’ di lavorare fino all’ultimo giorno di gravidanza.
Questo cosiddetto diritto si configura in realtà come una nuova e gravissima forma di sfruttamento, che potrà essere usata in modo ricattatorio dai datori di lavoro nei confronti delle lavoratrici ed in particolare di quelle più precarie.
Che poi sia un “quadro clinico” delineato da un medico (come se la gravidanza fosse una malattia!) a decidere se la donna possa usufruire di tale “diritto” aggiunge la beffa al danno perché rappresenta un ulteriore attacco all’autonomia e all’autodeterminazione delle donne. Senza contare che in quest’ottica quelle che rischiano di farne le maggiori spese sono le donne a più basso reddito, italiane e migranti, che non possono permettersi medici privati.
Subordinare un diritto ad un certificato medico è una logica aberrante che cancella anni di conquiste sociali e che non tiene in alcuna considerazione i contesti e le condizioni nelle quali oggi le donne, sempre più precarie e sempre più povere, lavorano.
Se nella logica del capitale il lavoro di riproduzione e cura è da sempre occultato, reso gratuito, considerato una prerogativa “naturale” delle donne, invece che lavoro che si concretizza nella riproduzione sociale, funzione essenziale in ogni consesso umano, con questo provvedimento si arriva ad ignorare completamente la condizione particolare della gravidanza, le sue specifiche caratteristiche, i bisogni fisici e psicologici che essa comporta per la donna, peraltro scientificamente riconosciuti e provati.
Questo provvedimento arriva a misconoscere le basi della riproduzione stessa, nascondendosi sotto un velo (assai sottile a dire il vero) di presunta libertà e modernità. Le donne avrebbero bisogno di un’estensione e di una protezione maggiore del diritto alla maternità, di poter stare a casa prima del parto e dopo il parto, con un compenso pieno anche dopo il quarto mese di vita del bambino, invece ora anche le lavoratrici dipendenti potranno come le donne a partita IVA (vera o finta che sia), lavorare fino all’ultimo giorno.
E poi: politiche a sostegno della maternità e paternità condivisa; estensione incondizionata delle indennità (maternità, paternità, parentali) a tutte le tipologie contrattuali; congedo di paternità obbligatorio ben oltre i 5 miseri giorni (in Spagna sono 5 settimane); potenziamento ed accesso universale e gratuito agli asili nido e ai servizi pubblici all’infanzia; promozione della prevenzione e salute delle donne attraverso la riqualificazione ed il potenziamento della rete nazionale dei consultori.
Ma tutto ciò, sembra già di sentirlo, non è nel contratto di governo!
Unione Sindacale di Base