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comunicati

CONTENZIONI, CONTENIMENTI E FARMACI

Bologna,

Alcune considerazioni sulle condizioni di lavoro nelle strutture socio-riabilitative per disabili.

I recenti fatti di cronaca, la morte di un giovane residente della struttura per disagio psichico “Casa Dolce” di Casalecchio di Reno (Bo), rendono necessarie alcune considerazioni. A prescindere dalla ricostruzione tecnico-legale che è affidata alla magistratura, ci preme sottolineare come la costruzione cronachistica del caso abbia sottilmente messo alla gogna i lavoratori della struttura coinvolti nell’episodio.

Chi lavora in queste strutture sa quali sono le condizioni di lavoro e lo stato di abbandono in cui questi servizi versano a causa del progressivo disimpegno da parte di Regioni, Comuni e Asl, nonché della logica della continua “razionalizzazione” adottata dai gestori, le Cooperative Sociali.

Solidarizziamo, quindi, con i lavoratori di Casa Dolce, e cerchiamo di aprire una riflessione sullo stato di questi servizi, a partire dai due aspetti che ci sembrano essere preponderanti nella vicenda di Casa Dolce: la contenzione e la somministrazione della “terapia”.

Abbiamo letto numerose agenzie nelle quali veniva enunciata l’esistenza di “protocolli di buona prassi nella gestione delle crisi”. Il decesso, poi, sarebbe avvenuto dopo il tentativo, vano, di somministrare la terapia al paziente.

A proposito di contenzione e contenimento fisico, la vecchia legislazione sugli ospedali psichiatrici del 1904 e soprattutto il regolamento del 1909, affermavano che nei manicomi doveva essere abolita, o ridotta a casi assolutamente eccezionali, la contenzione fìsica dei ricoverati e comunque dopo autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell'istituto. Avendo la legge 180 (Basaglia) del 1978 abolito gli articoli qualificanti della legge del 1904, nonché gli artt. del codice penale e del codice civile collegati, diviene ovvio sostenere la tacita abolizione anche del regolamento inerente la contenzione dei malati psichici.

Il Comitato Nazionale di Bioetica nel settembre 1999, a proposito del trattamento dei malati psichici, dava un parere sulla questione della contenzione fìsica: "II ricorso a dei mezzi di breve contenzione fisica appropriati dovrebbe essere proporzionato allo stato di agitazione dei paziente e al rischio; inoltre il personale dovrebbe poter avere una formazione particolarmente approfondita in merito”.

L’OSS, come codificato dall'Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001 che ne sancisce l’istituzione come figura professionale, può occuparsi con qualche limitato margine di autonomia, solo dell'assistenza di base al paziente, mentre può occuparsi di ulteriori attività solo dietro precisa attribuzione e indicazioni dell'infermiere. Ne consegue che la formazione “in merito” di cui tratta il Comitato Nazionale di Bioetica è una formazione infermieristica o medica

E qui veniamo all’altro aspetto, ovvero la gestione dei farmaci e la valutazione della somministrazione della terapia. In base al ragionamento sopra riportato, anche quest’aspetto è materia di competenza di infermieri o medici, le uniche figure professionali che, per “formazione”, possono valutare e somministrare terapie, anche al bisogno.

Quest’ultima considerazione rasenta l’ovvietà. Ogni OSS infatti, durante il corso di formazione di 1000 ore per il rilascio della qualifica, è messo a conoscenza del fatto che non può somministrare alcunché senza la presenza e l’indicazione dell’infermiere. 

Sono anni che chi lavora nel settore (OSS, appunto, ed Educatori) dibatte sulla illiceità delle responsabilità che in queste strutture vengono attribuite. La continua contrazione di spesa, infatti, ha progressivamente ridotto la presenza degli infermieri, in queste strutture, nei casi migliori a poche ore al giorno. La posizione dei lavoratori di queste strutture è stretta tra la necessità di definire le proprie competenze (OSS ed educatori non somministrano farmaci, non fanno contenzione fisica) e la realtà dei fatti (senza infermieri e medici in struttura, chi “da le terapie”? chi mette in sicurezza gli utenti in situazioni di emergenza?). 

Queste sono le condizioni in cui lavorano oggi OSS ed Educatori, il processo di Accreditamento regionale dei Servizi Socio Sanitari sta ulteriormente abbassando i rapporti numerici tra operatori e utenti, togliendo momenti di socialità alternativa a questi ultimi (centri diurni, laboratori, attività ludico-ricreative) nella prospettiva di lasciargli solo un letto in residenza ed un pasto preconfezionato, creando le condizioni per istituire ex novo “piccoli manicomi” e mortificando il lavoro degli operatori, ridotti a custodi e vigilantes del disagio psichico.

Auspichiamo che la cooperativa per la quale lavorano gli OSS di Casa Dolce fornisca tutto il supporto legale del caso, e diffidiamo chiunque dal giudicare questa vicenda come un affare privato. Un episodio del genere succede quando non si lavora in sicurezza, con adeguati rapporti numerici, adeguata formazione e mantenimento delle competenze. Altro che Spending Review e Accreditamento. Avere a che fare con persone, senza condizioni le adeguate, mette a rischio le persone stesse.

Le condizioni di merda nelle quali si trovano a lavorare gli operatori e a vivere gli utenti sono create fuori dalle strutture, nei palazzi in cui si decide che queste strutture e questi servizi debbano ridursi a mero simulacro di una parvenza di normalità.

È aperta la discussione.