L’attacco in corso in questi giorni al Diritto alla Casa ed alla Città è intollerabile. Sulla scia dei vari servizi montati ad arte ed andati in onda negli ultimi mesi, varie parti politiche sia di governo che di opposizione si affannano nella richiesta di sfratti e sgomberi e blocco delle residenze. Come se questi già non avvenissero o fossero di numero trascurabile. Nel tentativo di legittimare le proprie posizioni non ci si fa problemi a strumentalizzare la graduatoria coi suoi 14 mila nuclei in attesa, di cui parte sotto procedura di sfratto (appunto), vittime dei ritardi accumulatisi negli anni e con tutte le giunte, rosse, nere e gialle, che si sono succedute al governo della Capitale.
D’altro canto il problema casa a Roma, come nel resto del paese, è in sostanza determinato dalla pochezza di patrimonio pubblico disponibile, dalla sua pessima gestione e dalla libertà sfrenata di cui godono tutti gli operatori immobiliari, i quali, è bene ricordarlo, possono permettersi di lasciare inutilizzate migliaia di unità abitative senza pagare un euro, godendo spesso di agevolazioni fiscali proibite ai comuni cittadini. Tutto un altro passo rispetto al Belgio ove si prevede di sanzionare economicamente chi lascia vuoti gli alloggi.
A ciò vanno aggiunti tutti quegli impedimenti, amministrativi o di fatto, che inibiscono la città a gran parte dei suoi abitanti. Ci riferiamo ai processi di dismissione, valorizzazione, turistificazione che svuotano i quartieri (ormai siamo arrivati alla prima cintura periferica) e la città spingendo i residenti fuori dal GRA, col risultato di provocare maggiori e più lunghi spostamenti, indebolimento del trasporto pubblico e degli altri servizi in generale (dalle opere di urbanizzazione alle infrastrutture etc…) costretti a inseguire l’allargamento della macchia d’olio (dalla celebre definizione di Cederna). Questi processi non son stati mai contrastati dalle amministrazioni, anzi spesso si è legiferato in senso opposto, favorendoli. Ciò ha portato a un enorme consumo di suolo, congestionamento della circolazione, inquinamento ed invivibilità dei territori, come sanno ad esempio gli abitanti dei quartieri adiacenti alla Tiburtina. I costruttori sguazzano nel fango da loro stessi creato e non si pongono nessun limite, al punto di ricattare interi quadranti come nel caso del prolungamento della Metro B, bloccato al palo per un contenzioso con noti gruppi di costruttori. Il loro appetito è smisurato, la loro vergogna inesistente. La città è disseminata di “cattedrali nel deserto”, luoghi non terminati o inutilizzati, per i quali sono stati spesi miliardi di euro, ma loro “devono” costruire ancora e ancora.
Infine, a completare il quadro, va registrato il ritorno di personalità politiche su cui Roma credeva di aver messo una pietra sopra (tombale, politicamente parlando). Queste, dopo aver dato prova di non saper amministrare la città, continuano ad ammorbare l’aria con la loro piatta idea di legalità del tutto sconnessa dalla Giustizia Sociale. Una retorica che a Roma è stata sconfitta su tutta la linea. Ma la cosa peggiore è che gli attacchi a chi con la direttiva Gualtieri ottiene la residenza, che è un diritto/dovere del cittadino e non una gentile concessione per pietas, sono utili solo agli interessi del momento di chi li sferra, e non a una visione complessiva della società e della città.
Di fronte a tutto ciò questo Sindacato degli abitanti non può che esprimere la propria piena solidarietà a chi ogni giorno lotta per avere quel minimo indispensabile che le amministrazioni dovrebbero garantire. Compreso il Diritto alla Casa e alla Città.