(40/22) Il Contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021 ancora prima di essere firmato in via definitiva è già scaduto. Le lavoratrici e i lavoratori delle Funzioni Centrali se non ci saranno ulteriori ritardi dovrebbero percepire gli arretrati del contratto con la retribuzione di maggio, insieme all’aumento a regime, ben cinque mesi dopo la scadenza triennale del contratto, una condizione intollerabile.
Nel frattempo, i 47 euro netti mensili per un A1 e i 67 euro attribuiti al C5 ancor prima di essere erogati sono stati erosi dagli aumenti delle tariffe energetiche e dal generale aumento del costo della vita. Il danno subito a seguito del blocco della contrattazione, tra il 2009 e il 2015, corrispondente almeno a 85 euro mensili medi lordi, non sarà più recuperato e il danno prodotto si ripercuoterà su tutte le voci della retribuzione, sui prestiti, sui mutui e, per finire, sulla futura pensione.
Il valore delle retribuzioni è destinato a subire un brusco arretramento rispetto agli effetti dell’inflazione e si rende necessaria l’apertura immediata della nuova stagione contrattuale 2022-2024 per riconoscere da subito adeguati aumenti contrattuali che frenino il crollo del valore degli stipendi.
Dobbiamo “ringraziare” CGIL-CISL-UIL, che nella notte tra il 28 e il 29 maggio del 2007 firmarono con il Governo Prodi un accordo per la revisione dell’assetto dei contratti nel pubblico impiego, prevedendo di ridurre da quattro anni a tre la loro validità facendo coincidere la durata della parte normativa con quella economica, eliminando così i bienni economici. Una scelta che ha avuto effetti negativi sulla contrattazione, impedendo una rivalutazione delle retribuzioni nel secondo biennio. A distanza di quindici anni da quell’accordo gli effetti perversi delle scelte attuate sono sotto gli occhi di tutti.
RILANCIARE IL RUOLO DEL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE
PRETENDERE AUMENTI CONTRATTUALI ADEGUATI
RICONQUISTARE PROTAGONISMO NELLA CONTRATTAZIONE