Se non proprio di una espressione di massa e popolare, certamente, per la risposta che la Torino antifascista e antirazzista ha dato alla concomitante manifestazione della Lega e di Casa Pound di ieri, si può parlare di numeri molto significativi. Segno che antifascismo e antirazzismo stanno progressivamente assumendo un significato meno generico e più ancorato ai bisogni dei settori sociali colpiti dalla crisi e potenzialmente più sensibili alle strumentali parole antisistema di Salvini e dei suoi, da sempre forze di governi nazionali e locali antipopolari, ed oggi dichiarati sostenitori della guerra fra poveri e di posizioni xenofobe e fasciste pericolosissime e da contrastare con tutti i mezzi e in tutte le sedi.
Per questo come USB siamo stati in quella piazza, con i rifugiati e gli occupanti dell’ex MOI, insieme ai centri sociali, agli studenti, ai collettivi, ai tanti antifascisti di una città che mantiene una bella capacità di mobilitazione in queste occasioni. Abbiamo affrontato un corteo difficile, teso, in maniera determinata, in un centro blindato all’inverosimile da forze dell’ordine che non hanno atteso molto per caricare e affumicare con lacrimogeni le centinaia e forse migliaia di partecipanti (ai feriti e ai fermati va tutta la nostra solidarietà), in grado tuttavia di ricompattarsi sempre e di portare in città un messaggio chiaro: Salvini, i leghisti e i fascisti a Torino non sono graditi e troveranno sempre una risposta di piazza.
Abbiamo sfilato dietro ad uno striscione dei compagni di Noi Restiamo, su cui campeggiavano due punti molto chiari: “Contro il razzismo fascio-leghista” e “Contro l’austerità della UE, per la ricomposizione sociale”. Due punti che sono due facce della stessa medaglia – come Salvini e Renzi lo sono dall’altra parte della barricata –, due punti che ricordano la necessità di ancorare le rivendicazioni sociali estese alla comprensione dei meccanismi di strangolamento che il superstato europeo sta mettendo in atto contro i paesi pigs e contro le sue classi popolari. Lasciare ai Salvini di turno la denuncia (di facciata) e la rivendicazione dell’uscita dall’Euro sarebbe un suicidio politico per il movimento di classe.
Quali sono allora i compiti per noi, come sindacato di classe?
Comprendere che il nostro contributo in queste occasioni deve essere il più consistente possibile, dal punto di vista numerico (quantomeno del quadro dirigente) e di partecipazione alla costruzione delle iniziative. Usb deve essere individuabile come riferimento sindacale schierato e presente nelle dinamiche politiche della nostra città e della nostra regione.
Lavorare alla ricomposizione sociale con il nostro progetto di confederalità: i tre fronti sono quelli del blocco migrante, ieri numeroso come sempre; dei disoccupati (c’è bisogno di evocare la Germania Nazista per dire quale ruolo devastante possa assumere l’orientamento reazionario di masse espulse o tenute fuori dai cicli produttivi, in presenza di tentativi di creare movimenti nazionalisti e reazionari di massa?); della lotta per la casa e per il territorio. Senza dimenticare il mondo del lavoro pubblico, della scuola (ieri c’erano in piazza tanti studenti delle scuole di Torino), delle categorie in sofferenza del lavoro privato alle quali dobbiamo portare un aiuto concreto ed una prospettiva generale. Portare in piazza, in queste ed altre occasioni, i settori sociali di riferimento non può che essere il nostro obiettivo e ciò che proveremo a fare nei prossimi mesi.