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Contro il TTIP, essere protagonisti di una opposta visione della realtà.


 

Verso l'Assemblea nazionale di iscritti e delegati USB del 3 aprile a Milano.  



Sono ripresi, nella settimana scorsa a Bruxelles  i negoziati  per il trattato di libero scambio – TTIP - per creare un’area transatlantica di libero scambio senza barriere doganali e normative tra Unione Europea e Stati Uniti.
Si tratta del dodicesimo round di incontri tra le delegazioni europee e statunitensi dopo quello dello scorso autunno tenutosi negli Usa e conclusosi senza novità. E’ evidente come anche nei governi europei ci siano crescenti ritrosie a sottoscrivere un trattato dal quale trae vantaggio più l’economia statunitense che quella europea. Un dato lo dimostra nitidamente: il 70% degli investimenti Usa in Europa sono di carattere finanziario ma questa dimensione è esclusa dal trattato.
L’obiettivo dichiarato resta quello di “armonizzare” ossia ridefinire le barriere commerciali quindi le normative esistenti di una o altra parte, anche perché le barriere tariffarie sono praticamente ormai inesistenti mentre nell’occhio del ciclone ci sono le cosiddette “barriere non tariffarie”, quindi le leggi che “ostacolano” il libero scambio tra l’area Usa e l’area Ue.

Il percorso dell’approvazione eventuale del TTIP è il seguente: approvazione da parte della Commissione Europea del documento, quindi passaggio al Consiglio dei Ministri e del Parlamento Europeo, poi la ratifica da parte di ciascun stato membro. Basterebbe  che un solo stato bocciasse il documento  per far crollare l’intero impianto!

La posta in palio è alta. Usa e UE rappresentano complessivamente il 45% del commercio mondiale e  si tratta quindi di definire a favore di quale polo – Usa o UE -  si concluderà l’accordo sul Trattato.
Sui negoziati si è affacciato un elemento nuovo, Cina e India, ora al centro del commercio mondiale,  sono  affiancati da nuovi protagonisti  (Sudafrica, Nigeria, Indonesia). Questo fatto comporta la necessità  della definizione di standard da parte di Usa e UE , così da condizionare le scelte degli altri paesi.
In particolare c’è un altro elemento che pesa sui negoziati: l’UE sta valutando il Riconoscimento dello status di Economia di Mercato alla Cina. A dicembre scadranno i 15 anni del periodo di prova ed è evidente come questo passaggio comporterebbe la cancellazione dei dazi imposti alle esportazioni della Cina.
Inoltre su tutto questo pesa anche la cosiddetta “Brexit” e dunque la decisione della Gran Bretagna di rimanere o fuoriuscire dall’Unione Europea.

Ma sui negoziati  pesa con forza anche la guerra: definire un accordo tra le due aree economiche significherebbe rafforzare anche le decisioni sul piano geopolitico attraverso la Nato. Gli Usa hanno bisogno dell’Ue per gestire gli scenari di guerra in Siria, Libia e Ucraina. Da tempo i partner europei mostrano invece di non gradire più il ruolo di “primus inter pares” degli Stati Uniti nell’alleanza e chiedono un riequilibrio dei poteri decisionali interni alla Nato, mentre procedono sul piano di una maggiore indipendenza sul piano tecnologico e militare (vedi il progetto satellitare Galileo in via di compimento o il drone europeo).
Il clima internazionale  preoccupa Usa e UE e il negoziato in se è in salita. Per arrivare ad un accordo servono concessioni delle due parti ma negli Usa è partita la campagna elettorale e difficilmente i protagonisti potranno fare passi indietro.

Il tassello fondamentale è l’agricoltura,  non tanto in termini economici quanto per gli standard qualitativi. In Usa la grande maggioranza delle coltivazioni sono Ogm, così come la questione Doc e Igp. Ancora il tema del trattamento per la produzione aviaria con la pulitura attraverso il cloro e l’estrazione del minerale con metodi che comporterebbero l’inquinamento delle falde acquifere.

I settori di produzione e consumo come cibo, farmaci, energia, chimica, ma anche i nostri diritti connessi all’accesso a servizi essenziali di alto valore commerciale come la scuola, la sanità, l’acqua, la previdenza e le pensioni, sarebbero tutti oggetto di  ulteriori e pesanti privatizzazioni e alla acquisizione da parte di imprese e gruppi economico-finanziari più grandi,  famelici e competitivi.
Ma non è solo sul welfare, o di quel che dello stato sociale rimane in Italia, che si ripercuoterebbero gli effetti negativi del TTIP: i diritti del lavoro, come i contratti nazionali, come anche le misure di salvaguardia e di tutela ambientale, potrebbero essere cancellati definitivamente.

In Europa la situazione politica sarà caratterizzata da elezioni in Francia nel 2017 così come in Germania. In Gran Bretagna ormai è partita la campagna per il Referendum sulla permanenza della GB nella UE.
Le enormi manifestazioni di piazza che hanno caratterizzato l’andamento dei negoziati sul TTIP, l’ultima lo scorso novembre a Berlino dove sono state raccolte quasi 4 milioni di firme contro l'accordo, non possono certo non pesare .
Dare una risposta forte e determinata, essere protagonisti di una opposta visione della realtà, significa dare gambe e sostanza alla necessaria inversione di tendenza rispetto alle scelte  dei due poli imperialisti e in particolare dell’Unione Europea.
Usb si farà tramite e protagonista delle mobilitazioni che verranno definite su questo terreno  coinvolgendo anche le oo.ss. aderenti alla Federazione Sindacale Mondiale presenti nei paesi europei.