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Commercio, GDO

COOP: LA FABBRICA DELLA PRECARIETA'

Roma,

Dopo la Bella Addormentata alla Coop, Catia Bottoni, “recordwoman” della precarietà che in 12 anni ha collezionato 27 contratti a termine (molte altre Belle Addormentate aspettano il “Principe" nel territorio laziale); dopo la Via Crucis precaria dei lavoratori Coop della provincia di Livorno, la maggior parte dei quali sono donne e madri, (diversi toccano gli 8-9 anni di contratti a termine a ripetizione), che l'azienda voleva mandare a casa, poi in seguito "stabilizzate" con contratti che di fatto precarizzano il contratto a tempo indeterminato (le lavoratrici sono state assunte ma per soli 5 mesi l’anno, con una formula di “part-time verticale annuo” che prevede appunto che la riduzione oraria rispetto al normale contratto full-time non si applica orizzontalmente mese per mese ma si calcola invece su base annua: 5 mesi di lavoro full-time, 7 mesi a casa); Unicoop Tirreno continua a mostrare il volto di un’azienda senza scrupoli, all’avanguardia nello sfruttamento del lavoro con buona pace dell’etica cooperativa.

 

Siamo alla storia di alcuni lavoratori, anch'essi precari di lungo corso della Coop, che per questa stagione estiva non sono stati chiamati al lavoro come ormai avveniva da anni. I motivi dell’esclusione non sono legati alla crisi o agli esuberi di personale visto che Unicoop Tirreno ha annunciato lo scorso 5 giugno, per mezzo di un'intervista del suo presidente Marco Lami sul quotidiano Il Tirreno, l'assunzione di 160 persone per la stagione estiva nella provincia di Livorno. Tra questi, nonostante nell'intervista parlassero di "privilegiare chi ha già lavorato in Coop", non ci sono diversi precari “storici”, che alla loro richiesta di spiegazioni si sono sentiti rispondere che non venivano chiamati perché avevano troppi mesi di anzianità alle spalle e che avrebbero chiamato solo chi era sotto una certa soglia di mesi lavorati, oltre a fare assunzioni ex novo di persone che non avevano mai lavorato in Coop. Incredibile. O meglio, credibile, visti i trascorsi di questa azienda.

 

Perché assumere ex novo lavoratori da formare e senza esperienza e lasciare a casa persone che da anni danno il loro apporto all’impresa con professionalità ed esperienza? La risposta a questa domanda è inquietante: non li chiamano perché non vogliono rischiare che si avvicinino troppo ai 36 mesi di lavoro, validi per l'assunzione obbligatoria per legge. E' il modo che Unicoop Tirreno ha escogitato per aggirare la legge dell'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi: ti sfrutto per qualche anno e poi ti saluto, sostituendoti con altri precari. Proprio quella Coop che si riempie la bocca ogni cinque minuti con la parola "legalità", trova il modo di farsi beffa di una legge che tutela i lavoratori dal cancro della precarietà. Un meccanismo effettivamente ingegnoso di un'azienda che si conferma all'avanguardia nel trovare nuove forme per lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori. Ma il paradosso di tutto questo è che la Coop, avendo a disposizione una macchina da guerra mediatica (che a Livorno trova il suo apice con le paginate-spot sul Tirreno), può presentarsi all'opinione pubblica addirittura come azienda modello per il trattamento dei lavoratori. Degno del miglior Orwell.

 

Tutto quanto sopra descritto nell'intervista del presidente viene puntualmente omesso, così come non viene mai pronunciata la parola "interinali" (ossia le tipologie di assunzione a termine della Coop). Anzi, Lami dice "crediamo che in un momento di grave crisi occupazionale sia un contributo importante". Certo, un contributo importante alla precarizzazione galoppante.

 

Rischiamo di andare incontro ad una nuova era, quella in cui le imprese, soffrendo gli attacchi dell’opinione pubblica riguardo alla precarietà e all’abuso di contratti a termine, assumono sì a tempo indeterminato (magari anche per riscuotere gli incentivi previsti dalle legislazioni su vari livelli), ma lo fanno con forme contrattuali che mettono spalle al muro i lavoratori e li impiccano ad una esistenza fatta di sfruttamento e condizioni di vite lavorative impossibili, oppure assumono per pochi mesi e poi sotto a chi tocca. Tutto questo, consentito da un quadro normativo lavoristico ignobile, sostenuto nel corso degli anni (oltre che dal centrodestra e dai governi tecnici come è nella loro natura) anche dal centrosinistra e dai sindacati complici.

 

USB Lavoro Privato rigetta al mittente questa idea di sfruttamento, pronta a rilanciare le mobilitazioni al fianco dei precari Coop, delle tante “Belle Addormentate alla Coop” che hanno speso anni di sacrifici personali e familiari per l’agognato “Principe” ma che hanno visto Unicoop Tirreno violare la favola e cambiarne il finale. Il lavoro non è una favola, è dignità e per quella dignità saremo pronti a lottare.