L’Irpinia, terra di mezzo tra Tirreno ed Adriatico, nel cuore della Campania, ora è come “sospesa” tra passato e futuro. Nelle “terre dell’osso”, così definite dal grande meridionalista Manlio Rossi Doria, il sisma del 1980 – che sconvolse 103 comuni su 119, cambiando la geografia dei luoghi e smembrando il tessuto sociale – resta uno spartiacque storico. Oggi la provincia di Avellino, che si estende per tremila chilometri quadrati con poco più di quattrocentomila abitanti, resta una delle terre più verdi d’Italia – la “verde Irpinia”, si dice – epperò fa i conti con una condizione meridionalistica sempre più complicata dalla crisi economica e produttiva. Avellino e l’Irpinia stentano a definire con nettezza la moderna identità (sì o no alla vocazione industriale intrapresa dopo il terremoto?), godono del benessere complessivo di provincia interna (poca criminalità comune, ambiente ancora salubre, costi di vita contenuti, baricentricità tra Napoli, Caserta, Benevento, Foggia, Potenza e Salerno), ma lamentano un deficit di servizi e di prospettiva, pagando forte dazio a un rinnovato e preoccupante fenomeno emigrativo.
Di qui la “sospensione” della provincia-cerniera, terra un tempo di “lupi” (da hirpus – lupo – la dizione “irpini”) e di “janàre” (le vecchie streghe dei racconti popolari), un intrigo di valli e colline, di montagne (il Partenio, il Terminio e il Laceno) e fiumi (Ofanto, Sele e Calore), di torroni e vini (Greco, Fiano e Taurasi, i tre Docg noti nel mondo, ed il robusto Aglianico), di tartufi pregiati e sorgenti (nascono qui l’acquedotto Pugliese e quello del Serino), di santuari (Montevergine e Materdomini) e castelli (Avellino – in fase di ristrutturazione – Gesualdo, Ariano, Lauro e Bisaccia), di politici (irpini “i magnifici sette della Dc”, con in testa De Mita e Mancino) e talenti nelle scienze e nelle arti, di fabbriche (la Fma-Fiat e l’Irisbus su tutte) e concia (il polo di Solofra), di tradizioni folcloristiche e di ricerca (il centro Biogem di Ariano, il Crom di Mercogliano collegato all’Istituto Tumori “Pascale” di Napoli), di turismo ambientale e buona gastronomia.
Basta tutto questo? Può davvero essere sufficiente?
Ma sicuramente no. Ad arrichire lo scenrio turistico che vi consigliamo noterete tra le valli e i fiumi pompieri che da brave lavandaie lavano le proprie tute. Chini come le mondine sbattono tra i sassi le stracce e intonano canti antichi, mentre il comandante fiero dalla finestra del suo ufficio li osserva, vigila sulla loro incolumità. I turisti, anche quelli più disattenti si fermano a guardare questa scena d'altri tempi. Tra fiumi inquinati, concerie che inpuzzoliscono l'aria e fabriche che bruciano per processo di autocombustione da camorra guardare i pompieri che disdegnano le lavanderie, che fermano il tempo è uno spettacolo che non ha prezzo.
Anche noi faremo comunque la nostra parte inquinando chissà dove, ma un piacere vale mille pene.
Il nostro grazie al dirigente locale è infino, come lo sarà il nostro sciopero per ricordargli che ci sono diritti e doveri, dignità e professionalità e non schiavi al suo servizio.
per il Coordinamento Nazionale USB
Costantino Saporito