Le linee guida per la riapertura delle scuole a settembre, di cui è stata diffusa una bozza due giorni fa, sono deludenti e preoccupanti sotto ogni aspetto.
L’intero documento è improntato ai principi della sussidiarietà e dell’autonomia scolastica e non dà alcuna indicazione comune per una riapertura omogenea e rispettosa del diritto allo studio degli studenti in ogni scuola del paese. Nei fatti tutto è scaricato sugli enti e le istituzioni locali, sui dirigenti scolastici e sui lavoratori. In altri termini, le istituzioni e gli enti che da anni vedono tagliate le risorse loro destinate, si ritrovano adesso nella condizione di dover risolvere una situazione di assoluta gravità, di fronte a indicazioni vaghe, diversamente interpretabili.
L’indicazione di creare tavoli regionali, conferenze di servizi e patti educativi di comunità, coinvolgenti anche il Terzo Settore e i privati, mostra con chiarezza come il Ministero non voglia imparare nulla dall’esperienza COVID: il punto è tornare al pubblico, tornare ad assegnare un ruolo centrale allo Stato, investire economicamente in modo sostanzioso, non scaricare sui contesti locali, senza stanziare fondi e favorendo ulteriormente l’infiltrazione del settore privato nella scuola, che sempre più da diritto-dovere, da contesto di creazione di cultura, si sta trasformando in merce su cui lucrare. Ancora una volta, l’emergenza viene utilizzata per accelerare lo smantellamento dello stato sociale e per metterlo altresì al servizio delle aziende e dei privati, mentre i cittadini e i lavoratori richiedono un serio e sostanziale ritorno alla pianificazione statale. Assolutamente inaccettabili paiono infatti le proposte di rimodulare l’ora di lezione e di accorpare insegnamenti e gruppi di studenti anche di anni diversi. Quello di cui la scuola avrebbe bisogno è un numero minore di alunni per classe, un piano veloce ed efficace di edilizia scolastica, l’incremento dell’organico docenti e ATA e quindi investimenti sostanziali, ben diversi dal misero miliardo previsto nel decreto Rilancia Italia, ma di tutto questo non vi è traccia nel piano del MIUR.
Gravissima la volontà di coinvolgere i privati e il Terzo Settore, che dovrebbero offrire attività alternative alla didattica. La scuola è didattica e la didattica la fanno i docenti, formati a insegnare, non certo il personale di cooperativa che spesso non ha né i titoli, né la prospettiva, né la preparazione per fare scuola e che viene sistematicamente sottopagato per i servizi che svolge. Si assumano i docenti precari e si aumenti il numero delle classi. Finalmente sono stati reinternalizzati i servizi di pulizia e ora si vogliono esternalizzare le attività di insegnamento. Tutto questo è inacettabile!
Assolutamente vaghe le indicazioni sull’inclusione dei disabili, che in modo assolutamente irresponsabile sorvolano sui fondi da destinare all’incremento di personale docente e ATA, incremento necessario a garantire la salute e la sicurezza di tali soggetti e i presidi essenziali. Se il rapporto docenti di sostegno/alunno disabile continua a non rispettare la norma di legge e da uno a uno viene illegalmente portato a uno a due, quando non uno a tre, quello che accade è l’impossibilità di includere i disabili in tempi di normalità, figuriamoci ora che la situazione è quella che conosciamo.
Preoccupanti le indicazioni sulle mense e sugli spazi: la realtà è che il tempo mensa smetterà di essere tempo scuola, un’ulteriore conquista che andrà perduta; le scuole verranno svuotate dei laboratori, delle esperienze di reale didattica laboratoriale.
Assolutamente da rigettare anche la parte di formazione prevista per docenti e ATA, tutta indirizzata verso la Didattica a Distanza e lo Smart Working. Che si usino quei soldi per mettere in sicurezza edifici, personale e studenti. Rifiutiamo la logica della scuola a distanza messa a sistema, perché, come abbiamo ribadito più e più volte in questi mesi, essa non è scuola, moltiplica i tempi di lavoro e ha un’efficacia didattica più che dimezzata. Rifiutiamo anche la logica dello Smart Working che confonde irreversibilmente i tempi di vita e di lavoro e riduce i lavoratori a lavoratori a cottimo, tornando indietro di decenni sui diritti conquistati. Non vogliamo in alcun modo che nei PTOF delle scuole si inserisca un “Piano scolastico per la didattica digitale integrata”, perché la DAD non può e non deve andare a sistema.
USB Scuola rigetta in toto queste proposte, per questo sarà in piazza oggi pomeriggio con il resto del mondo della scuola con “Priorità alla scuola”, per questo ci prepariamo ad un’estate e ad un autunno di lotta, perché la scuola resti scuola e da questa esperienza tragga nuova linfa, non ulteriore impoverimento.
Aderente
alla FSM