Ormai i tagli sui servizi ai cittadini si chiamano “riorganizzazione” e, con questa parola come alibi, si avviano continue operazioni di sottrazione di diritti.
L'Atto d’indirizzo n. 25 del 24 febbraio u.s., già ad una prima lettura appare un contenitore nel quale, con il rischio (o l’intento?) di generare confusione, sono state inserite questioni che sono sì affini, ma che necessitano di analisi separate, pur se parallele.
In primo luogo, con l'Atto d'indirizzo di cui sopra, la Giunta si prende il merito dell’apertura di una fase di confronto con la cittadinanza sulle questioni relative ai Servizi Educativi Comunali e alla Refezione Scolastica e dell’avvio di un percorso partecipativo, che però la Giunta è ben lungi dal ritenere fondamentale (nonostante le dichiarazioni di facciata del Vice Sindaco e dell’Assessore al Bilancio), ma che, al contrario, si è trovata costretta ad accettare, proprio a causa della mobilitazione dei cittadini ed alla nascita dei Comitati spontanei.
Tutto ciò è ampiamente dimostrato non solo da atti assunti dalla Giunta nel recente passato (dalla riorganizzazione della macchina comunale, all’istituzione delle posizioni organizzative ed ai relativi criteri per l’individuazione delle stesse, attuate attraverso “sordi incontri” con le parti sociali), ma anche e soprattutto dalle dichiarazioni dello stesso Assessore al Bilancio, il quale già ad inizio febbraio aveva dichiarato “Non siamo in trattativa […], ci confrontiamo in un percorso partecipativo ampio, ma poi decide l’amministrazione comunale” e che recentemente ha ribadito il concetto: “se qualcuno pensa che la partecipazione sia un modo per condeterminare delle scelte, questo non corrisponde a verità”. Come a dire, ribaltando completamente i più basilari principi di democrazia ed in perfetto stile renziano: “ascolto tutti, ma tanto ho già deciso”.
Infatti, l’Atto d’indirizzo in questione ha già riorganizzato (si fa per dire!) le scuole comunali dell’infanzia, tant’è vero che “dà atto” che il sistema scolastico statale è in grado di soddisfare la quasi totalità delle richieste”, gettando alle ortiche le specificità dell’offerta delle scuole comunali, soprattutto in riferimento alla qualità e quantità della compresenza delle insegnanti nel corso della giornata scolastica, che è sempre stata una delle principali motivo di preferenza dei nostri servizi, da parte delle famiglie, pur essendo presenti sul territorio anche altre possibilità.
Avere poi ripercorso, come premessa e con un excursus dal taglio nostalgico, la storia dei S.E.C. dagli anni della loro nascita, consegna a quell’atto un tono di un “requiem” ed a quelle parole una retorica che ci saremmo risparmiati volentieri.
E’ oltremodo preoccupante il fatto che, mente si parla in modo molto generico di potenziamento dei servizi per la prima infanzia (fascia di età 3-36 mesi), nel periodo successivo dell’atto, con molta precisione, si parla di “statizzazione, riconversione e/o chiusura” di alcune sedi comunali, e si aggiunge “evitando nuove assunzioni”.
L’innovazione ed il potenziamento sono al contrario, senza alcun dubbio, direttamente proporzionali alla disponibilità numerica di personale o alla possibilità di adeguamento del personale stesso: non c’è più per l’A.C. l’alibi dell’impossibilità ad assumere a causa del superamento dei tempi medi di pagamento, per cui è lecito aspettarsi che vengano al più presto assunte le unità di personale mancanti nella consueta configurazione dei servizi (non quella emergenziale avviata a settembre 2015), così da ragionare sulla riorganizzazione nell’ottica di un potenziamento reale, evitando di presentarne una al ribasso, limitata a farsi “bastare” le risorse disponibili, così come di fatto è avvenuto per l’a.s. in corso.
Un’annotazione a parte la merita l’accostamento tra la carenza di posti in servizi pubblici per bambini della fascia di età 0 – 3 anni e la rete dei servizi per la prima infanzia privati: un’associazione che appare una evidente riproposizione, pur con un’altra “confezione”, del “pacco-regalo” delle convenzioni con i privati che erano al centro del famigerato Atto d’indirizzo del Consiglio Comunale dell’anno scorso, poi modificato.
Quanto alla “questione” refezione scolastica, essa viene, nell’atto, affrontata subordinando i buoni standard di qualità ad un’unica premessa, che già il Comitato Commissari Mensa e il CoSEC hanno dichiarato inaccettabile come unico criterio utilizzato per operare le scelte, cioè l’aspetto economico, quindi la riduzione della spesa.
Inoltre le tre ipotesi/proposte di riorganizzazione del servizio che nell’Atto sono descritte sono anch'esse rivelatrici delle reali intenzioni della Giunta. Da un lato si mette sul piatto una conferma del servizio così com'è, con un aut-aut relativo all'aumento del contributo delle famiglie e la totale rinuncia alla presenza di personale comunale nelle cucine (personale qualificato, aggiornato e con una competenza specifica non in discussione, che si vedrà costretto a rinunciare alla propria professionalità) nel tentativo, maldestro, di creare tensioni tra i Comitati (Commissari Mense e SEC) e gli utenti, con l'equazione cucine in loco=aumento delle rette; dall'altro si liberano le briglie della fantasia, ipotizzando studi di fattibilità e immaginando chissà quali mirabolanti risparmi derivanti da proposte approssimative e fumose, formulate al solo scopo di distrarre da quello che è il vero obbiettivo dell'A.C. e che viene persino esplicitato, l'esternalizzazione del servizio di refezione scolastica, con l'aggravante della concessione a privati della raccolta delle istanze e della riscossione delle rette: un'altra realtà da cui il servizio pubblico si ritrae e scompare, a tutto vantaggio del profitto di pochi.
Ed ecco quindi che i percorsi di partecipazione dei cittadini alle scelte sono solo formali e quegli elenchi puntigliosi degli aventi titolo a sedere ai "tavoli" sono utili solo a salvare le apparenze: le parole, com'è ormai consueto, sono smentite dai fatti.
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