Il 23 settembre è stata prorogata per la quinta volta la CIGS avviata dal giugno 2017.
Dopo più di due anni non sono stati ancora risolti quei problemi fondamentali: il superamento del concetto di esuberi e del regime di Cigs a zero ore oltre all'applicazione pratica nelle categorie operative che impatta sul numero dei dipendenti da destinare alla Cigs. Questo, mentre i commissari non hanno più riconvocato l'incontro rinviato lo scorso 28 agosto che doveva aggiornare sullo stato dell’azienda.
Non può sfuggire come, a pochi giorni dall'offerta vincolante, ciò rappresenta un problema da non sottovalutare. Per questa ragione abbiamo deciso ancora una volta di non sottoscrivere la proroga, mentre altre sigle hanno deciso di rinnovarla.
Nella stessa giornata, si è concretizzata la divisione dei tavoli ed è emersa la restaurazione di una stagione sindacale che in passato ha portato solo cose negative. Un fatto che non rappresenta solo una questione di metodo.
La separazione dei tavoli tra Cgil, Cisl, Uil e Ugl e le altre OO/SS e AA/PP è una condizione che conosciamo dal 2009, nasce durante la disgraziata privatizzazione della Lai, un riconoscimento a chi si assunse la responsabilità verso quel disastro sociale con l'esclusione verso chi tentò di opporsi seppur senza successo. Da allora, questo è stato lo schema con cui si è sviluppata la stagione Cai di Sabelli finita con il seguente fallimento mascherato dall’operazione Etihad e i licenziamenti del luglio 2014. Ricordiamo lo strapotere CISL poi miseramente franato sotto il peso delle responsabilità dei suoi dirigenti. La SAI ha visto ancora il blocco del sindacato confederale in prima linea, seppur con le dovute contraddizioni interne, fino al famigerato pre- accordo dell'aprile 2017, poi bocciato clamorosamente nel referendum tenuto nello stesso mese.
Vi lasciamo l’onere di una valutazione, noi diciamo errare è umano, perseverare è diabolico...
Tutto questo si lega al fatto che per la prima volta in questo Paese si parla apertamente di una legge sulla rappresentanza dopo anni di ostinata negazione.
Il 19 settembre c’è stata la ratifica della convenzione con l'Inps per la misurazione delle deleghe, ponderata con i risultati delle elezioni RSU ai sensi del T.U. 10 gennaio 2014. Nient’altro che l’applicazione della previsione dell’accordo. Ci chiediamo dunque il perché di tanto risalto. La verità è nella possibilità di una legge sulla rappresentanza sindacale, collegata a quella altrettanto importante sul salario minimo. Dopo anni di aperta ostilità, da parte confederale, non è escluso che, per non doverla subire, si sia messo in moto un ampio fronte d’interessi con l'obiettivo di perpetuare lo status quo. Tutto questo scenario sta riverberando in Alitalia, luogo d’elezione per l’elaborazione delle dinamiche sindacali nazionali. E' più che possibile che ci sia un tentativo di blindare la rappresentanza, a livello generale, cominciando da Alitalia, negando il diritto ai lavoratori di scegliere democraticamente la propria rappresentanza. Posto che RSU in quest’azienda non c’è verso di farle, sempre per una volontà confederale che schiaccia i lavoratori.
Dopo un anno di attesa, i seguenti punti di stallo suggestionano già la vertenza Alitalia:
- Mancato superamento della Cigs a zero ore, come invece si poteva fare;
- Attesa, inspiegabile, del chiarimento sullo stato dell’azienda da parte dei Commissari;
- Ritorno a schemi di relazioni industriali negativi.
Come sempre, i lavoratori Alitalia sono i principali protagonisti di quello che accade nel loro posto di lavoro e questo potrà influenzare ciò che succede nel resto del Paese. Tocca a loro e a nessun altro decidere quale destino scegliere.
25 settembre 2019
USB Lavoro Privato