Il 19 novembre 2009, la Camera dei Deputati ha approvato, con ricorso alla fiducia, il decreto Ronchi che accelera, mediante l'art.15, il processo di privatizzazione dei servizi pubblici come l’acqua, i rifiuti, il trasporto locale unitamente alla dismissione della proprietà pubblica e delle relative infrastrutture.
Con l’approvazione di questo decreto, su pressione dei poteri forti dell’Unione Europea, s'intende privatizzare non solo l’acqua, ma tutti i servizi pubblici locali, essenziali per la popolazione e che gli imprenditori privati intendono "arraffare" e vendere a peso d’oro.
Si regalano, quindi, servizi e profitti a privati senza alcun vantaggio per la popolazione, con la conseguenza che le società municipalizzate saranno avviate verso la dismissione.
Insomma, un percorso di smantellamento del soggetto pubblico che non ha eguali in Europa.
Se si considera, inoltre, che l'intervento legislativo è stato approvato ignorando il consenso popolare che, soltanto due anni fa, si era raccolto intorno alla legge d’iniziativa popolare per l’acqua pubblica (oltre 400.000 firme raccolte), si può comprendere quanto grave è stata tale decisione, sia nel merito che nel metodo.
Un intervento normativo che non ha tenuto minimamente in considerazione neppure gli effetti nefasti della gestione privatistica dell’acqua: aumento delle tariffe, peggioramento della qualità del servizio, diminuzione delle risorse investite in infrastrutture, aumento delle perdite in misura direttamente proporzionale alla presenza dei privati e delle multinazionali nella gestione del ciclo integrato delle acque.
Gli effetti sul lavoro e dei processi di privatizzazione hanno generato, poi, riduzioni dell'occupazione (-30%) e, più in generale, aumento della precarietà e futuro incerto per i lavoratori del settore.
La smania di profitti è stata talmente brutale che in diversi paesi, che in passato avevano privatizzato l’acqua, adesso l’hanno riportata sotto la gestione pubblica.
All’acqua viene attribuito il valore di merce ed è posta sul mercato, come un qualsiasi bene a rilevanza economica offrendo, in questo modo, ai grandi “affaristi”, la possibilità di gettarsi dentro il grande business dei sevizi pubblici locali, con la conseguente possibilità di gestirli in regime di monopolio.
Per chi conquisterà fette di questo mercato, l’affare è garantito: si passerà dai monopoli-oligopoli pubblici, a monopoli-oligopoli privati.
Contestualmente, è cresciuto dal basso, nei territori, come contrasto ai processi in atto, un forte e radicato movimento per la ripubblicizzazione dell’acqua, connesso a quelli per la tutela dei beni comuni, per la biodiversità e il clima, per la democrazia partecipativa, per il contrasto alla gestione dei rifiuti legata al business dell’incenerimento e, più recentemente, contro la sciagurata ipotesi del nucleare.
Le RdB, che da sempre si oppone ai processi di liberalizzazione e privatizzazione, ha indetto insieme al Forum Italiano dei Movimenti dell’acqua, ad altre forze sindacali, politiche e culturali, la manifestazione nazionale del 20 marzo prossimo per rivendicare, con forza, la ripubblicizzazione dell’acqua e di tutti i beni comuni.
Questa è la prima tappa di un percorso che vedrà le RdB impegnata in una grande campagna di raccolte di firme per la promozione di tre quesiti referendari, che oltre a rigettare il decreto Ronchi, dovranno condurre all'abrogazione di tutte le norme che hanno privatizzato l'acqua, invertendo la rotta fin qui seguita.
Invitiamo tutti i lavoratori del Ministero dell'Economia e delle Finanze a partecipare numerosi alla manifestazione nazionale.
L’ACQUA E’ UN DIRITTO. NON UNA MERCE !
DIFENDIAMO I BENI COMUNI
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
ROMA 20 MARZO 2010
ORE 14 - PIAZZA DELLA REPUBBLICA