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Emilia Romagna

Disegno di legge PILLON: intervento della delegazione USB in commissione consiliare a Bologna

Bologna,

Udienza conoscitiva sul Disegno di legge PILLON: "Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità". Intervento della delegazione USB in commissione consiliare a Bologna.
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Come delegate e dirigenti USB abbiamo fin da subito ascoltato l’allarme sul DDL Pillon lanciato dalla rete Dire dei centri antiviolenza, abbiamo sottoscritto e facciamo nostre le parole della petizione on line che invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere:

Vale la pena citarne una parte “Il testo sembra quasi completamente ignorare la pervasività e l’insistenza della violenza maschile che determina in maniera molto significativa le richieste di separazioni e genera le situazioni di maggiori tensioni nell’affidamento dei figli che diventano per i padri oggetto di contesa e strumento per continuare ad esercitare potere e controllo sulle madri.

Ignora inoltre il persistente squilibrio di potere e di accesso alle risorse proponendo un’equiparazione tra i genitori, il doppio domicilio dei minori, l’eliminazione dell’assegno di mantenimento e dando per scontate disponibilità economiche molto spesso impossibili da garantire per le donne in un paese con elevatissimi tassi di disoccupazione femminile, dove è ancora presente il gap salariale, che continua ad espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura.

Già oggi nei tribunali le donne incontrano difficoltà enormi nel denunciare le violenze subite, non sono credute, devono affrontare una pesante ri-vittimizzazione da parte di un sistema giuridico e sociale che ancora tende a spostare la responsabilità degli atti violenti sulla vittima del reato piuttosto che sull’autore. Inoltre colpevolizza in ogni caso le madri, accusate di inadeguatezza genitoriale per non essere riuscite a tenere insieme la famiglia, per non aver tutelato i minori dalla violenza diretta e assistita o per non consentire ai padri di continuare a mantenere una relazione con i figli generando in essi “estraniazione”, “avversità”, “alienazione”.

Condividiamo e rimandiamo alla voce autorevole dei centri antiviolenza la denuncia dell’impatto di questo progetto nelle situazioni di violenza maschile sulle donne e sui figli.

Quanto alle situazioni di separazione che non derivino da violenza ci sentiamo di dire alcune parole chiare: solo il giorno in cui le lavoratrici avranno gli stessi redditi dei colleghi uomini, le stesse opportunità di carriera, le stesse pensioni, solo il giorno in cui il welfare garantirà i servizi all’infanzia, per anziani e disabili – di cui oggi si fanno carico le donne – solo il giorno in cui le donne non saranno costrette a rinunciare al lavoro per accudire i figli, o non saranno licenziate per la loro maternità, solo il giorno in cui tutto il lavoro di cura, gratuito, che le donne svolgono ora sarà equamente diviso con gli uomini, solo il giorno in cui le donne non dovranno più subire molestie sul luogo di lavoro, solo allora potremo cominciare a discutere di mantenimento diretto o altre ipotesi che oggi, nella situazione attuale, mirano brutalmente a rendere le donne ed i loro figli più poveri ed in difficoltà.

Già oggi i nuclei familiari composti da madri con figli hanno un reddito ben inferiore a quelli costituiti da padri con figli; le madri sole con figli sono più a rischio povertà o peggio ricadono completamente in povertà, e su questa situazione drammatica hanno inciso anche le politiche abitative seguite negli ultimi trent’anni da tutti i governi che hanno lasciato al totale arbitrio del mercato un diritto fondamentale come quello della casa.

In questo contesto abrogare l’assegno di mantenimento e addirittura prevedere che il coniuge che rimanga nella casa familiare paghi all’altro un canone di mercato significa, come detto, porre le donne in condizioni di estremo ricatto.

Denunciamo, inoltre, l’ipotesi della mediazione familiare obbligatoria: una mediazione familiare può essere molto utile solo se scelta liberamente e, aggiungiamo, solo se garantita gratuitamente dalle strutture pubbliche, ma in ogni caso è inapplicabile per legge (art. 48 Convenzione di Istanbul) nei casi di violenza all’interno della famiglia e nei casi di conflittualità insanabile e squilibrio di potere tra le parti.

L’idea della divisione dei figli in tempi paritari tra i due genitori ci sembra solo frutto di una deriva di potere che non tiene in alcun conto le esigenze dei figli: a parte l’evidente assurdità di non fare alcuna distinzione tra le età dei figli, per cui si potrebbe avere tranquillamente il caso di un neonato in allattamento allontanato dalla madre per metà del mese, ma ci viene da dire provateci voi a vivere una settimana in una casa e l’altra in un’altra, magari in due quartieri diversi, o in due città diverse, da bambini ma anche da adolescenti, e non per scelta ma PER LEGGE!!!

Denunciamo, infine, la volontà governativa di introdurre nell’ordinamento la cosiddetta “sindrome di alienazione parentale” che non ha alcuna base scientifica e serve unicamente a mettere il bavaglio al figlio che rifiuta il genitore maltrattante ed a ricattare e punire la madre che cerchi di difendere i propri figli.

Leggiamo questo progetto in continuità con le politiche securitarie e razziste portate avanti dagli ultimi governi contro gli immigrati ed i poveri che hanno presentato soluzioni reazionarie alle paure e le insicurezze di tanta parte delle lavoratrici e dei lavoratori impoveriti da anni di politiche di austerity; questo disegno di legge , come già altri prima, strumentalizza le difficoltà economiche cui vanno incontro i nuclei familiari costituiti da precari, lavoratori dipendenti, pseudo autonomi, quando giungono alla separazione e, secondo la narrazione tossica che vuole tutti i padri impoveriti, parla a questi prospettandogli una soluzione revanscista che finalmente “metta al loro posto le donne”.

Come USB partecipiamo alla mobilitazione in corso contro questo progetto governativo, di chiara marca fascista e misogina, che fa il paio con la deriva razzista dell’ultimo decreto Salvini.

Bologna, 28 settembre 2018

USB Bologna