Il mondo dei trasporti è stato investito negli ultimi 20 anni da un processo di revisione dei riferimenti normativi e regolamentari che ha profondamente inciso sul modello di organizzazione del lavoro e dei rapporti sociali tra le parti. E’ evidente, infatti che, a partire dalla Direttiva 440 sul trasporto ferroviario, dalla legge 422/97 sul Trasporto Pubblico Locale e dal decreto sulla liberalizzazione del trasporto e traffico aereo, la filosofia che ha preso il sopravvento è quella del libero mercato e della riduzione del “fattore lavoro” ad un elemento meramente economico da sottomettere alle esigenze della produzione.
Sotto questo profilo tutti gli atti emanati dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno avuto come obbiettivo comune quello di incidere negativamente sulla qualità della vita dei lavoratori e sulle condizioni di lavoro nel settore, con profondi processi di ristrutturazione nei quali la forte perdita di posti di lavoro, la scomparsa di importanti bagagli professionali e la frammentazione prodotta dalle innumerevoli esternalizzazioni di attività, la flessibilità e la precarietà hanno totalmente stravolto il modo di produrre.
Questo settore, da tutti ritenuto strategico per le rilevanti ricadute sia sul piano del servizio sociale che della difesa dell’ambiente, non ha ancora visto, però, azioni coerenti che consentissero ai cittadini di vedere assicurata l’esigibilità di importanti diritti costituzionali, come quello alla mobilità, alla salute, allo studio e al lavoro. Il servizio pubblico è considerato un costo sociale da accollare alla collettività, mentre le parti più remunerative dei trasporti vengono messe su un piatto d’argento a disposizione dei gruppi industriali privati.
Decade miseramente, così, la “favola” che i sostenitori delle liberalizzazioni hanno sempre raccontato, quella secondo la quale tale processo avrebbe garantito ai cittadini un miglior servizio a costi più contenuti. Importanti studi economici di esperti del settore ci dicono, invece, che nulla di tutto questo è accaduto e, analogamente a quanto avvenuto in altri settori considerati “monopoli naturali” (come l’acqua, la luce e il gas e, per certi versi, la telefonia fissa) i servizi a rete comportano un così elevato costo di costruzione e manutenzione dell’infrastruttura da risultare estremamente oneroso per lo Stato perdere anche gli introiti provenienti dalla vendita del servizio.
In questo senso, quindi, la cessione del servizio più remunerativo corrisponde ad allontanare in un tempo infinito il rientro dei costi di ammortamento sostenuti per la creazione delle infrastrutture stesse.
Questo spiega il perché l’unica leva sulla quale sia i soggetti datoriali che quelli istituzionali (Governo, Enti Locali ecc.) credono di poter utilizzare è quella del costo del lavoro, sempre troppo elevato e, immancabilmente, da ridurre.
Non potendo delocalizzare il servizio, si tenta di ridurre il salario ai livelli più bassi del mondo del lavoro europeo, innescando peraltro una irreversibile spirale recessiva dei consumi, della quale anche il Governatore della Banca d’Italia e il presidendente della Confindustria si lamentano pubblicamente.
I processi di liberalizzazione nel settore, peraltro, sono stati attuati anticipando, e anche stravolgendo, le indicazioni stesse delle direttive europee, generando quindi una condizione di svantaggio rispetto alle grandi multinazionali che si affacciano sul nostro mercato, ma che non accettano nei loro paesi una eventuale concorrenza sullo stesso piano.
Su tutto questo non è più sufficiente rivendicare soltanto un sistema di regole che impedisca le gravi ricadute conseguenti al dumping sociale, come la riduzione dei salari, l’aumento dell’orario di lavoro e la perdita di posti di lavoro.
Diventa fondamentale invertire la tendenza finora percorsa per riportare sotto l’alveo del controllo pubblico l’intero settore del trasporto pubblico, sia quello locale, sia quello ferroviario, aereo e navale, affinché al centro della effettiva erogazione di tali servizi ritornino la garanzia per i cittadini di una mobilità sostenibile sul piano ambientale ed equa sul piano sociale.
Le responsabilità del sindacato confederale ed autonomo, che ha accettato supinamente se non complicemente questo stato di cose diventando spesso promotore di queste politiche, sullo stato in cui versa il settore sono evidenti, ed è per questa ragione che si pone il problema di ricostruire l’unità dal basso, dai luoghi di lavoro, per affrontare nel merito e senza preclusioni ideologiche i nodi strutturali a causa dei quali le condizioni dei lavoratori sono divenute insostenibili:
· L’emergenza salariale;
· La necessità di ripristinare norme e meccanismi che aggancino salari, stipendi e pensioni all’inflazione reale e non a quella programmata ( una nuova “scala mobile”)
· L’eccessiva precarietà del lavoro,
· La flessibilità senza limiti,
· I ritmi e gli orari insostenibili,
· Le esternalizzazioni ed i conseguenti i subappalti incontrollati,
· La riduzione delle tutele sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
Su questi temi siamo chiamati a confrontarci e portare le nostre proposte.
Questa sfida ci impone, come CUB Trasporti Emilia Romagna, di assumere delle decisioni, di attrezzarci e di definire le nostre priorità di intervento sindacale e politico.
La priorità delle priorità deve essere la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro.
Non è più accettabile, né tollerabile, la vera e propria discriminazione sindacale attuata nei nostri confronti.
Deve essere rivendicata, e resa esigibile, una vera libertà di associazione dei lavoratori all’unico sindacato che rappresenta appieno i loro diritti; dobbiamo rivendicare il legittimo diritto che alla nostra Organizzazione Sindacale sia data piena cittadinanza in termini di parità di trattamento sul versamento delle quote associative; piena libertà di assemblea; piena libertà di affissione del nostro materiale.
Non possiamo più tollerare discriminazioni sulle relazioni industriali che ci vedono esclusi dai tavoli contrattuali, prescindendo dalla reale nostra rappresentatività all’interno delle aziende ( il caso Aeroporto è emblematico: siamo il primo sindacato tra i lavoratori degli Handlers e ci negano persino le trattenute sindacali!!).
Questo ci pone la necessità di discutere, affrontare le questioni che abbiamo sopra posto come organizzazione sindacale che decide la sua politica e le sue iniziative a partire dai lavoratori e dalle sue strutture per poi, quando ritenuto opportuno ed utile, confrontarsi con altri soggetti per promuovere e proporre momenti di iniziativa comune partendo comunque dal fatto che la politica, le scelte di strategia della nostra organizzazione sono prese dal nostro corpo militante e di iscritti tutto.
La costruzione e la formazione del quadro dirigente di categoria, la definizione
dell’assetto organizzativo: queste sono le questioni che dobbiamo affrontare e risolvere stante la situazione attuale dove, di fatto, il quadro dirigente della categoria non agisce in quanto tale ma, nella migliore delle ipotesi, opera ancora solo e quasi esclusivamente all’interno del suo settore se non addirittura solo ed esclusivamente all’interno della propria azienda o del proprio posto di lavoro.
Per fare questo occorre definire compiutamente gli assetti interni alla CUB Trasporti e pertanto occorre ovviamente definirli in base alla consistenza reale dell’organizzazione, alla sua diffusione territoriale.
Pertanto l’obiettivo e l’esigenza prioritaria da porci con questo 1° congresso della CUB Trasporti Regionale Emilia Romagna è la reale unificazione delle strutture dei trasporti già esistenti nei vari settori, per favorire una politica generale ed unitaria nei trasporti in un ambito confederale, che metta al centro della propria iniziativa sindacale l’obbiettivo del proprio sviluppo e radicamento territoriale che la vedano protagonista:
1. Con la partecipazione alla costruzione di piattaforme nazionali in ogni settore, indipendentemente dal numero di iscritti o dalla diffusione delle nostre strutture, che:
· pongano particolare attenzione alle condizioni di tutela, sicurezza e salute dei lavoratori, norme e limiti certi (ex. sulle ore di guida e di lavoro);
· definiscano le regole indispensabili ad evitare il mercato selvaggio e per reperimento delle risorse necessarie allo sviluppo della mobilità;
· definiscano gli standard obbligatori di mezzi e materiali, pongano i vincoli manutentivi obbligatori;
· impegnino gli enti locali al mantenimento dei diritti acquisiti dei lavoratori e di eventuali accordi integrativi, senza alcuna concessione al cambiamento ad altra categoria professionale non attinente alla mansione svolta;
· facciano rispettare l’applicazione di un contratto la cui valenza deve essere obbligatoria per tutte le aziende e imprese ( pubbliche o private) che operano nel territorio regionale e nazionale (applicando il principio che a parità di lavoro corrisponde parità di salario)
2. Attivando, pretendendo e sviluppando relazioni istituzionali che:
· consentano di assumere il ruolo di un soggetto sindacale/politico in grado di avanzare proposte, agli organi istituzionali preposti allo sviluppo economico e sociale della Regione,
· permettano l’affermazione ed il riconoscimento della nostra rappresentatività,
· permettano di sostenere il confronto al più alto livello con il governo e tutti gli organi istituzionali: regioni, province, comuni ed enti preposti (ENAC – Commissione di Garanzia sugli scioperi, ecc.)
3. Costruendo relazioni industriali e metodologie di relazioni industriali che:
· Partendo dalla presentazione delle piattaforma contrattuali consentano di affermare, gestire e conquistare, in tutti i comparti del trasporto, agibilità e titolarità alla trattativa,
· consentano di poter sviluppare a pieno il nostro ruolo sindacale presentando piattaforme nazionali, locali ed aziendali costruite coinvolgendo i lavoratori sia nella loro definizione che gestione.
· Ci impegnino, in ogni settore, a sviluppare iniziative e momenti di mobilitazione per raggiungere concretamente tale obiettivo.
4. Difendendo ed allargando il diritto di sciopero:
· affrontando una volta per tutte il problema principale che ha tutto il comparto trasporti: LO STRARIPANTE RUOLO DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA SULLO SCIOPERO;
· definendo un percorso e iniziative che consentano l’allargamento del diritto di sciopero, strumento fondamentale di democrazia e per lo sviluppo di iniziativa sindacale;
· dotandoci di strumenti di tutela legale ed economica per poter praticare, ove e quando si riterrà opportuno, iniziative atte a mettere in pratica azioni di lotta “fuori dalle regole”
Se il progetto è questo ci si pone di fronte l’ineluttabile necessità di costruire un’organizzazione capace di definire politiche del trasporto complessive ed unitarie, rafforzare le lotte nei settori, sostenere il confronto al più alto livello con il governo, la regione, gli enti locali, le associazioni datoriali e le aziende.
L’applicazione pratica di questo concetto è la necessità di affrontare e superare in avanti lo stato dell’organizzazione; i problemi attuali; la necessità di una forte spinta iniziale, per porre in atto il progetto appena descritto, a partire da questo congresso; la definizione di un quadro dirigente di categoria e di settore dialogante al proprio interno e dedicato al superamento dei problemi generali; l’emersione e il rafforzamento delle strutture aziendali e di settore definendo le modalità per la costruzione del quadro dirigente locale e regionale, delineandone i compiti e le competenze.