Il Governo Letta succede al Governo Letta e diventa ancor più aggressivo per la sua dichiarata contiguità con le politiche europee di austerità e di sostegno ai mercati, alle banche e alla finanza.
L'esplicita continuità con le politiche dei governi precedenti, rivendicata nel discorso in parlamento; il reiterato richiamo alla stabilità, quella della Germania della Merkel e quella della democrazia cristiana italiana dal dopoguerra al 1968, tracciano una linea di governo che, sotto la tutela dell’Europa, della BCE, del FMI e del Presidente Napolitano, proseguirà nell'adozione di misure antipopolari e di contrazione di diritti, salari e pensioni, con conseguente riduzione del peso manifatturiero ed industriale del paese, di riduzione del welfare e l’aumento esponenziale di disoccupazione e precarietà, giunti a livello ormai insostenibile.
Ciò è confermato anche dall’annuncio, da parte di Letta, della nomina di un nuovo commissario per la spending review nella persona di Carlo Cottarelli, direttore del dipartimento Affari Fiscali del FMI, che recentemente ha dichiarato che l'Italia non potrà uscire da sola questa crisi, implicitamente affermando la necessità di un qualche commissariamento internazionale.
I partiti, quasi tutti, sono interni a queste logiche e, tramontata ormai la paura del berlusconismo, si apprestano a dividersi le spoglie di questo Paese, sorretti anche da Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, Ugl, che si riconoscono ormai nella ferrea legge del mercato e delle compatibilità a tutto danno dei lavoratori.
Secondo la Confederazione USB, in questo scenario è indispensabile una forte opposizione sociale e lo sciopero generale e la manifestazione nazionale a Roma del 18 ottobre assumono ancor più rilevanza.
Lo sciopero generale rappresenta di fatto l'unico argine al disfacimento del tessuto sociale e all'imperante subalternità al mercato e al potere internazionale che lo guida. Deve rappresentare un momento importante, che dia forza alla reazione del Paese e alla possibilità di costruire una reale e concreta alternativa, sociale e sindacale, che parta dal NO a questa Europa, dal NO a questo governo, dal NO a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
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