La crisi sanitaria economica e sociale rischia di divenire l'ennesimo pretesto per scagliarsi contro il settore pubblico. Invece di recuperare i soldi laddove ci sono facendo finalmente pagare quel 10 percento della popolazione che detiene il 55 percento della ricchezza nazionale per destinare, poi, quelle risorse al potenziamento della sanità, della scuola e garantire reddito alle fasce più colpite dalla crisi, ancora una volta il settore pubblico finisce sotto attacco.
Le sparate contro i dipendenti pubblici, tra chi propone l'estensione dell'istituto della Cassa integrazione, chi l'eliminazione delle detrazioni fiscali e chi si spinge fino al punto di ipotizzare interventi ancora più pesanti, delineano uno scenario inquietante.
Non c'è nessuna ottica redistributiva o pulsione solidale in queste proposte, ma la precisa scelta di attingere risorse sempre dagli stessi per consentire ai Paperoni di turno, evasori fiscali in primis, di continuare indisturbati ad arricchirsi.
Questa sotto cultura che nel corso degli anni ha assunto la denominazione di “spending review” ha già drasticamente ridimensionato il settore pubblico determinando quella situazione che oggi si manifesta in tutta la sua drammaticità: occorre ribaltarla riaffermando che i lavoratori pubblici, dalla sanità, alla scuola, fino ai lavoratori del Fisco, ora più che mai costituiscono un baluardo a difesa dello stato sociale, da potenziare e valorizzare al fine di garantire la tenuta del sistema e ridurre al massimo i danni sanitari ed economici.
Ma evidentemente questo clima politico penetra profondamente anche nella nostra amministrazione e si fa largo il retro pensiero secondo il quale in questa fase dovremmo lasciare sul campo diritti e salario.
E così sulle macerie prodotte da anni di disinvestimento nel nostro settore (taglio del salario accessorio, riduzione del personale di circa 10.000 unità negli ultimi anni, aumento dei carichi di lavoro, mancanza di una visione strategica sul futuro del Fisco e dei lavoratori) si inserisce l'utilizzo del c.d. sw: non una libera scelta ma lo strumento necessario ed inevitabile in questa fase per evitare che i contagi dilaghino più di quanto già non sta già avvenendo, che diventa però la leva per cominciare ad abbassare l'asticella dei diritti. Al resto poi ci penseranno Confindustria e Governo.
Dopo mesi di “lavoro fai da te”, le mancate risposte, o meglio le risposte negative, su buoni pasto, rimborsi per le utenze e riconoscimento dei permessi orario, ratificate dall'accordo sottoscritto il 17 settembre da cisl, uil, unsa, flp ed intesa, parlano esattamente di questo e rischiano di essere una anticipazione di ciò che accadrà in seguito.
A questa condizione va data una risposta tempestiva e chiara rifiutando quell'agenda dei lavori concordata dall'amministrazione con il consenso di tutte le altre organizzazioni sindacali.
Continuare a glissare sulle vere questioni ed invece aprire il confronto, come sta accadendo alle Entrate, su posizioni organizzative, (destinando ancora una volta le risorse del nostro salario accessorio martoriato da anni per finanziare queste figure), o sul sistema di valutazione, non significa soltanto vivere su Marte o invertire l'ordine delle priorità, ma esasperare le diseguaglianze già presenti nel settore e di fatto avallare la caccia alle streghe nei confronti del lavoro pubblico.
L'USB, che in questi mesi complicati non ha mai smesso di esercitare la massima pressione per rivendicare quei diritti e quel salario che ci stanno sottraendo, non accetta questo piano del confronto teso esclusivamente a risolvere problemi organizzativi e gestionali dell'amministrazione.
Per questa ragione proprio in concomitanza con la prevista riunione del 12 novembre su posizioni organizzative e incarichi di responsabilità, abbiamo deciso di indire una giornata di mobilitazione nazionale per rappresentare la distanza siderale tra le “priorità” individuate dall' amministrazione e prontamente recepite dai sindacati compiacenti, e quelle che sono, invece, le vere questioni che interessano i lavoratori.
Non un euro del nostro salario accessorio deve essere destinato a pagare PO e IR che devono essere integralmente finanziate dai fondi a carico dell'amministrazione.
Occorre invece dare risposte a tutti i lavoratori con:
- un massiccio piano di assunzioni e valorizzazione del personale;
- recupero dei tagli al salario accessorio;
- riconoscimento del diritto ai buoni pasto, ai permessi orario, ai rimborsi spese e alle dotazioni informatiche per chi svolge l’attività da remoto;
- posizioni organizzative scelte con procedure trasparenti ed oggettive, pagate integralmente dall'amministrazione senza decurtare ancora il salario accessorio di tutti i lavoratori.
Su questi temi giovedì 12 novembre si svolgeranno assemblee telematiche interregionali con le seguenti modalità:
Dalle ore 9.30 alle 11.00:
- Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta
- Toscana, Umbria e Marche
Dalle ore 11.30 alle 13.00:
- Puglia, Calabria, Basilicata e Campania
- Sicilia e Sardegna
PS: per lo svolgimento delle assemblee online l'USB metterà a disposizione le piattaforme informatiche che saranno comunicate a tutti i lavoratori delle regioni interessate nei prossimi giorni.