Non ci appassiona particolarmente entrare nella discussione, tutta populistica, che imperversa nei mass-media, in maniera così virulenta, sui comportamenti, più o meno conformi alle regole, dei lavoratori pubblici.
Se saranno riscontrati comportamenti difformi dalle norme, sarà compito esclusivo degli organi di controllo attivare il relativo procedimento disciplinare e infliggere la giusta sanzione.
Ci obbliga però fare alcune semplici considerazioni che riteniamo non siano recepite nelle discussioni che si stanno facendo ai tavoli sindacali.
Crediamo che un’amministrazione seria e attenta al ruolo che istituzionalmente svolge, debba prestare particolare attenzione e cura al “mezzo” più efficace ed efficiente che ha per raggiungere i propri obiettivi e che è rappresentato dal proprio personale.
Dovrebbe, quindi, favorirne la professionalità, l’eticità, il senso di appartenenza attraverso una serie di politiche volte a creare un ambiente quotidiano sereno e appagante, un tutto di cui sentirsi parte integrante e importante, dove realizzare in modo ineccepibile il proprio lavoro al servizio della collettività intera.
Invece, una miope amministrazione non ha fatto altro che attivare una serie infinita di procedimenti atti a danneggiare il rapporto di fiducia che dovrebbe essere alla base del corretto funzionamento di una macchina così complessa.
Tralasciando, ma non dimenticando, tutta la parte relativa alla questione contrattuale e alla responsabilità professionale, ci corre subito il pensiero al famigerato sistema del “whistleblowing” anonimo, che non ha fatto altro che spargere veleno e diffidenza nei nostri uffici; o a vere e proprie “missioni” lanciate da un Audit che, in versione militare, con un blitz blocca tutte le uscite degli uffici, presidia i rilevatori di presenza e provvede a contare tutti i presenti nella struttura; o al timore che sta generando il cosiddetto decreto Madia nei dirigenti, che per non essere accusati di essere inadempienti all’attivazione dei procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti, stanno sanzionando a “destra e a manca”.
A guardar bene vanno viste in quest’ottica le richieste che la nostra O.S. ha fatto in materia di orario di lavoro. Oltre a ribadire le solite richieste di banca delle ore, i recenti incontri in materia di orario di lavoro nelle tre DP romane, hanno visto i rappresentanti della nostra organizzazione ribadire nei vari tavoli la richiesta di aumentare la flessibilità dell’orario di lavoro per dare, in una metropoli come Roma e in assenza di uno stato sociale che ha delegato ai singoli le cure parentali di minori e anziani, la possibilità ai lavoratori di poter avere meno stress “pre-lavorativo”.
Tra l’altro, ad aumentare lo stress, e in questo caso lavorativo, vanno ad aggiungersi anche gli annunciati trasferimenti di alcuni uffici in aree ad altissima densità di circolazione, per di più in assenza di una procedura di mobilità regionale che attendiamo da giugno 2015 e che ci è stata ulteriormente procrastinata.
Ora oltre a ribadire il fatto che non è assolutamente possibile attendere ancora per fare un accordo sulla mobilità regionale, che non è possibile attendere che tutti gli uffici che “devono” spostarsi si spostino, e su questo argomento stiamo valutando diverse iniziative da mettere in campo, quello da noi chiesto era un segnale di politiche distensive, ed invece viene rifiutato , anzi si definisce il proprio personale come irresponsabile, nullafacente e non meritevole di fiducia.
Certo una Direzione così chiusa in se stessa, che gestisce le trasformazioni di questa società in maniera così poco elastica, incontrerà difficoltà insormontabili quando si troverà a confrontarsi con i cambiamenti che la attendono.
Compito nostro sarà sicuramente quello di lottare tutti uniti affinché questi cambiamenti non comportino ulteriori riduzioni dei diritti.