La giornata nazionale di mobilitazione contro la riorganizzazione al buio dell'Agenzia delle Entrate ha segnato ovunque partecipazione numerosa e senso di preoccupazione. Ciò pone le organizzazioni sindacali e l'amministrazione delle Entrate davanti al compito di sgombrare il campo da dubbi e incertezze. Questo è ciò che si dovrà fare con l'accordo-quadro nazionale che a questo punto sarà definito in ritardo rispetto alla scadenza del 20 febbraio. La nostra mozione è stata sottoscritta da migliaia di lavoratori (superata quota novemila nel corso della giornata di ieri, ma continuiamo a ricevere fax e non riteniamo conclusa la raccolta) che con la loro firma hanno chiesto di non essere lasciati ai margini della riorganizzazione e di non essere considerati alla stregua di uno dei tanti aspetti logistico-organizzativi che dovranno essere risolti.
Sono in gioco aspettative e diritti che l'amministrazione ha contribuito enormemente ad alimentare con il mito di un clima aziendale fatto di lavoratori felici e polifunzionali disposti a tirar tardi a gratis e a sgobbare sempre con il sorriso stampato in faccia in nome dell'efficacie e dell'efficienza (non dimentichiamo che Antares è vivo e vegeto e ne sanno qualcosa Cfl e tirocinanti). Sono state fatte promesse importanti, mai mantenute a parte quella progressione economica che rischia di essere il momento più alto delle nostre fulgide carriere. Fu fatta la rilevazione delle esperienze lavorative che doveva essere una ricognizione statistica ma guarda caso ora viene utilizzata per decidere chi va di qua e chi va di là; l'amministrazione s'era incazzata quando metaforizzammo che si portavano i tonni alla rete e ci piacerebbe che ora con altrettanta veemenza fermasse ciò che ha messo in moto.
Ieri nessun direttore regionale s'è saputo impegnare in uno straccio di garanzia, e nemmeno promesse sono state fatte. Scartando chi non ha voluto ricevere i lavoratori, dimostrando di possedere "doti" che sono quanto di più inutile per fare di un uomo un manager, altrove chi più chi meno hanno ammesso che ci saranno chiusure di uffici (piccoli, s'intende, ma che vuol dire "piccoli") o ridimensionamenti (contenuti, s'intende, ma che vuol dire "contenuti"), mobilità (condivisa s'intende, ma che vuol dire "condivisa" e pagata da chi).
Volevamo accendere la luce in una stanza buia e l'abbiamo fatto. Ai lavoratori è stata data la possibilità di parlare con l'amministrazione e d'interrogarla e pur non avendo ricevuto risposte convincenti o circostanziate - o forse proprio per questo motivo - si sono fatti un'idea di ciò che li attende. Noi abbiamo segnato un passo. Attendiamo la convocazione del tavolo per la definizione di un accordo-quadro su base nazionale che doveva avvenire entro il 20 febbraio. Torneremo a chiedere quelle garanzie su mobilità pienamente condivisa, inquadramenti professionali e funzionali, ricadute salariali che ancora non abbiamo avuto.
Intanto, con sempre maggiore insistenza, ci poniamo la domanda perché mai si doveva mettere in moto questo meccanismo così complicato, proprio ora che sulla lotta all'evasione fiscale si era trovata una quadratura. Perché non occuparsi dei veri problemi dei lavoratori, a partire dalla riattivazione delle norme sul salario accessorio abrogate dal primo gennaio e per le quali l'amministrazione ci disse già a ottobre che aveva in mente "un piano" (e per quante favole raccontino i firmatari del documento di Palazzo Chigi, sono ancora defunte). Perché mai non ci si è dedicati alla costruzione di un sistema di carriere che aprisse sbocchi professionali come doveva essere nel DNA delle Agenzie Fiscali, invece di mettere l'un contro l'altra le varie "contrade professionali". Forse un'Agenzia delle Entrate che si riorganizza - e che si divide - fa meno paura agli evasori. Forse anche questa è una ricetta berlusconiana per far superare la crisi alle imprese. Ma ai lavoratori, la crisi, chi mai la farà superare? La raccolta delle firme dunque continua. Dalla natura dell'accordo-quadro dipenderà anche il proseguimento della mobilitazione nazionale.