26 giugno, incontro in Regione per illustrare, ad una platea di circa 400 persone, il Piano di Sviluppo Rurale che sarà approvato entro fine mese e che prevede un impegno di spesa, per il settennato 2014-2020, di circa 1190 milioni di euro.
Questo miliardo è stato suddiviso in otto obiettivi strategici che a loro volta sono composti da circa 80 sottomisure, cioè obiettivi più particolareggiati su cui verranno realizzati i progetti da finanziare.
Al termine dell'illustrazione del corposo piano , durata un paio d'ore, si è aperto il "dibattito" che è consistito in cinque interventi tra cui quello di USB.
Considerare partenariato questa presentazione e definire dibattito i cinque interventi è a dir poco raccapricciante e indegno di una regione che deve impegnare più di un miliardo di euro in sette anni per modernizzare il settore agricolo e forestale, migliorando i fattori ambientali, rilanciando lo sviluppo, la ricerca e l'imprenditoria giovanile.
Abbiamo, inoltre, fatto notare che senza obiettivi chiari e concreti per ogni "sottomisura" risulta impossibile comprendere se le risorse sono state suddivise correttamente e sarà impossibile verificare la bontà degli investimenti e i risultati raggiunti.
Avere pochi e generici obiettivi serve solo a giustificare qualsiasi risultato si riuscirà a raggiungere.
Un Piano di Sviluppo Rurale di questa portata rischia di crollare come un castello di carte se non viene adeguatamente supportato a livello territoriale. Devono essere attivi sportelli informativi e di aiuto per chi vuole usufruire dei contributi, creare la cooperazione, controllare i progetti e verificarne l'efficacia. Lavori sin ora svolti, per l'80%, dai settori dell'agricoltura delle province che, con la modifica del titolo V della Costituzione, si vogliono abolire. Queste competenze devono non solo essere mantenute ma ampliate, migliorando la capillarità degli interventi ma anche il coordinamento con gli altri territori provinciali.
Non si possono passare queste fondamentali competenze, così com'è intenzione della Regione, agli enti locali, troppo parcellizzati e influenzabili da gruppi di potere o peggio ancora alle associazioni di categoria troppo legate ad interessi di parte. Queste capacità devono rimanere sul territorio provinciale ma sotto una gestione regionale per garantirne indipendenza, imparzialità e coordinamento.
Forte è stato l'applauso dei presenti a questo intervento proprio a sottolineare che gli addetti ai lavori sanno, capiscono e conoscono l'importanza del servizio pubblico svolto dai dipendenti delle province.
Controllare la gestione dei fondi europei è una priorità che deve vedere coinvolte soprattutto le associazioni e i movimenti indipendenti che stiamo riunendo sotto il cartello "Fondi Europei Fondi Nostri" per rompere il sistema clientelare che sin ora ha contraddistinto la spartizione di questi Fondi.