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DOCUMENTI

FARSI PROGETTO. UNA PROPOSTA PER UN INCONTRO NAZIONALE IN AUTUNNO SUL SINDACALISMO METROPOLITANO.

Roma,

1. Se c'è un dato unanimemente riconosciuto, che si è prodotto a seguito della grande crisi economica globale scoppiata nel 2007 e manifestatasi compiutamente l'anno seguente, questo è l'aumento dell'incertezza e del senso di precarietà delle nostre esistenze. Mentre tra i movimenti e nell'intellettualità vicina all'attivismo si risvegliava la speranza di una diffusione, accanto e dentro la crisi, di vasti movimenti di protesta alimentati proprio dal surriscaldarsi della situazione economico-sociale, la realtà ci ha riservato finora una dinamica tutt'altro che esaltante. Quelli che erano stati i grandi movimenti dello scorso anno, in particolare quello della scuola, sembrano ora incapaci di riaprire una nuova fase offensiva, mentre non si manifesta nessun nuovo significativo movimento sociale. Le iniziative di piccoli gruppi operai, costretti a ricorrere allo stratagemma dei tetti per dare visibilità alla loro protesta, non sembrano essere destinati a diventare un vero e proprio movimento. I fatti di Rosarno, dove è finalmente esplosa la rabbia di un gruppo di lavoratori migranti contro lo sfruttamento bestiale ed il razzismo, dimostrano come tanta parte della nuova forza lavoro migrante  sia ancora disorganizzata e quindi incapace di produrre un'azione di lotta matura ed efficace. Le stesse esternazioni provocatorie del ministro Brunetta sui 500 euro ai giovani da sottrarre  alle pensioni, suonano come la testimonianza che non c'è un movimento precario capace di “fare opinione”, per cui i ministri si permettono di parlare in libertà. Questo stato di passività, o di latenza, accresce l'incertezza e l'angoscia di chi si sente solo di fronte all'incalzare della crisi economica. 

2. Un altro dato che contribuisce ad alimentare questo clima è la crisi politica della sinistra. Se giustamente il mondo dell'attivismo ha giudicato positivamente il crollo elettorale della sinistra radicale, valutandolo come un fattore di “chiarimento” della situazione, non si deve tuttavia sottovalutare il contraccolpo che questo dato ha provocato in migliaia di sostenitori e simpatizzanti, alimentando un clima disfattista ed un ritorno alla sfera privata per molti. Ma su un piano più generale, ragionando sui grandi numeri, la crisi profonda che sta attraversando tutta la classe politica targata Pd, sta favorendo un clima di indifferenza e di disgusto che almeno nel medio periodo non potrà che favorire la destra e la prepotenza di chi è al comando.  L'effetto congiunto di crisi economica e perdita di ogni illusione di alternativa politica sono lo smarrimento e la disperazione nei settori più deboli, il disincanto, la corruzione e il clientelismo tra i ceti medi. Il quadro che vien fuori è quello di un paese senza speranza né futuro, in cui prevalgono i rancori e lo spirito di rivalsa ( aumenta infatti l'influenza anche culturale della Lega) o, sul lato apparentemente opposto, l'anima caritatevole della chiesa. Un miscuglio di individualismo razzista ed oscurantismo clericale che sta facendo piazza pulita della forte tradizione democratica e classista del nostro paese. 

3. C'è per la verità una nuova forma di opposizione politica (e non solo) che si va manifestando, quella di Antonio Di Pietro. Essa non è solo la testimonianza vivente della crisi-superamento della vecchia sinistra, ma anche il sintomo di un grande vuoto politico. Si tratta di un mix di leadership mediatica ed organizzazione leggera molecolare e reticolare che si è alimentata anche di un uso spregiudicato delle nuove forme di comunicazione e partecipazione come i blog ed i social network. Questa nuova realtà politica, a cavallo tra soggetto politico/istituzionale e movimento, è cresciuta in contrapposizione al malaffare diffusosi nella classe politica ma sta rapidamente finendo per coprire molti altri temi tradizionalmente di pertinenza della sinistra e del movimento sindacale. È un soggetto nuovo ed aggressivo che concepisce il conflitto sociale in posizione subordinata rispetto ai temi della legalità e della gestione corretta della macchina dello stato, ma sta esercitando una forte attrazione proprio a sinistra. La sua emersione farà definitivamente naufragare l'illusione che la scomparsa istituzionale della sinistra radicale sgomberi il campo ai movimenti: la verità è che, finché i movimenti non saranno in grado di occupare il campo, esso sarà sempre riempito da altri, in una dinamica senza fine.
Questa condizione è stata confermata dai risultati elettorali delle regionali che mostrano una marginalità politica delle forze di sinistra sempre più accentuata, aggravata anche dal fatto che i successi sono stati ottenuti solo grazie all’alleanza subordinata al Pd e al suo schieramento. 

4. Proprio l'emergere di una forza spuria come quella dipietrista, accanto al riprodursi di tante piccole battaglie di resistenza in giro per il paese, ci fanno capire che la situazione non è bloccata e che lo stato di incertezza può degenerare in un ulteriore spostamento a destra  oppure avere una via d'uscita differente. Il malessere sociale crescente, dovuto al pieno dispiegarsi degli effetti materiali della crisi, non è destinato per forza a tradursi in ripiegamento. Ma per produrre un cambio di tendenza c'è bisogno di mettere in campo un progetto, una alternativa. 

5. In questo quadro si inserisce il ruolo che può svolgere il sindacalismo metropolitano, cioè quella forma atipica di fare sindacato e movimento allo stesso tempo, fuori dai posti di lavoro e nei contesti urbani, che ha mosso già significative sperimentazioni in alcune città. Il sindacalismo metropolitano può riuscire a dare al processo di unificazione del sindacalismo di base quel valore aggiunto, quel salto di qualità necessario a farlo diventare una vera proposta alternativa dentro l'Italia della crisi.

Vediamo perché.

Innanzitutto la forma di organizzazione del sindacalismo metropolitano è quella reticolare e multipolare, dove esistono differenti nodi impegnati su versanti diversi del conflitto urbano e che utilizzano modalità e approcci distinti. A differenza del tradizionale modello di organizzazione sindacale per categorie esso si sposa meglio con le caratteristiche della metropoli. Il carattere flessibile della organizzazione a rete permette di attraversare i conflitti e di aggredirli da più lati senza lasciarsi rinchiudere in una dimensione univoca. Classico l'esempio lavoratori dei servizi-utenti ma basterà pensare alla connessione insegnanti, studenti e genitori nel movimento per la scuola dello scorso anno per avere un'idea delle potenzialità di un agire a rete oltre la dimensione esclusivamente sindacale.
Anche il movimento contro la privatizzazione dell’acqua è un riferimento forte di come è possibile mobilitare la società in modi e forme reticolari assumendo un protagonismo politico che va ben oltre le forze politiche che pur si pronunciano contro la privatizzazione di questo bene comune.

In secondo luogo, le modalità innovative dell'agire comunicativo, cioè la capacità acquisita nella pratica di produrre “eventi” intorno alle battaglie sociali. Questa abilità che i movimenti urbani hanno saputo costruirsi attraverso l'esperienza di produrre linguaggi capaci di “far parlare le lotte” e di sottrarle all'invisibilità, è una competenza che non va dispersa e che costituisce un fattore di enorme rilevanza per tutto il movimento sindacale di base. Questo campo di indagine e di azione riguarda sia le capacità offensive dei movimenti, la guerriglia comunicativa, sia la pratica di relazione ed organizzazione orizzontale resa possibile dalla rete. Questi strumenti andrebbero valorizzati di più anche per combattere meglio la tradizionale lotta contro l'agire non democratico delle organizzazioni sindacali confederali.

In terzo luogo, la connessione che può darsi tra sindacalismo e mutualismo e tra agire rivendicativo e “costruzione di società”. Esiste uno spazio molto ampio dell'associazionismo (fino al mondo delle autogestioni) che è dedito da tempo alla costruzione di nuove forme di economia, di relazione e di attività e che svolge funzioni mutualistiche, di assistenza o servizio per i settori sociali più deboli. Solitamente questo mondo comunica poco con il movimento sindacale di base, mentre lo spazio per la costruzione delle connessioni resta grande e inesplorato. È il sindacalismo metropolitano che  rappresenta il soggetto di questa connessione, lo spazio politico che può tessere questa trama.

Infine, la natura spuria del sindacalismo metropolitano, a cavallo tra movimento e sindacato e tra rivendicazione economica e battaglia politica, consente di abbracciare un campo di azione molto più ampio di quello di pertinenza della lotta sindacale e di predisporre lo spazio per una grande coalizione di base, democratica e indipendente in grado di rappresentare una alternativa politica autentica con i piedi ben piantati nel tessuto sociale. 

Queste caratteristiche di un diverso agire e funzione nella dimensione metropolitana trovano una eccezionale conferma nello sviluppo della crisi del cosiddetto “debito sovrano” che si è aperta in Europa e che sta portando all’indebolimento dell’Euro come moneta di riserva internazionale in competizione con il Dollaro. E’ noto che la finanziarizzazione, cioè il modo attuale più potente di produrre capitale, sia arrivata ai propri limiti e stia destabilizzando l’economia capitalista mondiale; negli Stati Uniti ha fatto esplodere il debito privato, a cominciare dai famosi subprime, e fallire le più grandi banche del mondo, salvate solo dall’intervento dello Stato. In Europa la crisi sta ora investendo il debito sovrano cioè il debito pubblico di interi Stati; per affrontare questa situazione si ricorre al taglio brutale della spesa pubblica, come la manovra del governo Berlusconi di 24 miliardi di Euro. La novità che abbiamo di fronte è che questa manovra, simile alle moltissime altre fatte nel nostro paese, ha ora una dimensione europea. In termini pratici sotto attacco saranno per lungo tempo, dati i caratteri strutturali della crisi, la Pubblica Amministrazione e il Welfare ovvero proprio la dimensione metropolitana del vivere sociale e quindi l’insieme complesso delle condizioni di vita. Una dimensione dove le contraddizioni che si accumulano sul piano economico e sociale tendono a “trasbordare” in quello politico, anche se spesso in forme e con caratteristiche diverse da come le abbiamo conosciute.     

6. E’ in questo contesto, per certi versi drammatico, che viene alla luce una nuova aggregazione del sindacalismo di base, l’USB, che da un segno politico diverso dalla continua scomposizione della sinistra e delle organizzazioni sociali; insomma assistiamo ad un percorso di costruzione di un soggetto unico del sindacalismo di base che rappresenta un fatto nuovo ed interessante per il conflitto sociale in Italia. È indubbio infatti che per diffusione e capillarità la nuova struttura diventerà di fatto una realtà organizzata assai significativa e, potenzialmente, il punto di riferimento per tanti. Nella realtà si rende possibile una sintesi tra una robusta organizzazione sindacale per categorie ed una rete di forme organizzative diverse che agiscono sul tessuto metropolitano che può rappresentare la forma matura di un nuovo modo di intendere l'agire sindacale ma anche l'occasione per promuovere un progetto di “nuova società”. Si tratta di immaginare come dentro e accanto alla nuova organizzazione sindacale unitaria di base si produca una nuova aggregazione di tante forze a vocazione prevalentemente locale o regionale, intrecciate in una sorta di federazione o patto di base a maglie larghe. Un sistema multi-livello di nodi metropolitani che, facendo perno sull'ossatura del sindacato, funzionino come agenzie dei conflitti urbani e del contrasto alla governance liberista e securitaria delle città. Non un'organizzazione unica ma una “rete di reti” nella quale i nodi sono motori autonomi e collegati di una dinamica comune.  

7. Nel dare seguito ad un percorso di questa natura il mondo del sindacalismo metropolitano si trova davanti numerosi ostacoli, non ultimo le inevitabili resistenze dall'interno del sindacalismo di base a veder “snaturato” o “deviato” il carattere della propria organizzazione. Tre i nodi prioritari con i quali fare i conti: l'insediamento territoriale e sociale,  l'agire “politico” di rete e l'azione comunicativa. C'è bisogno in Italia di una grande campagna di nuova sindacalizzazione di massa che si rivolga in primo luogo a tutti i settori più deboli e fortemente ricattabili. Per tornare ai fatti di Rosarno, è evidente come proprio nei luoghi di maggior sfruttamento manchi l'organizzazione di difesa dei nuovi lavoratori, il che pesa fortemente sui rapporti di forza generali. Non c'è sindacalismo metropolitano né speranza di cambiamento senza la capacità di difesa degli ultimi. La crisi ha aumentato notevolmente l'area di quelli che si trovano completamente indifesi e, quindi, le responsabilità ma anche il campo di lavoro del nuovo sindacalismo si sono allargate oltremodo. Occorre inoltre sviluppare la capacità di fare rete, il che comporta innanzitutto un forte investimento nel campo della comunicazione e delle conoscenze. La rete funziona fintanto che è attiva la comunicazione e trasmissione di dati e informazioni. Le agenzie dei conflitti urbani devono essere laboratori di ricerca e di condivisione di saperi per poter essere anche  spazio di connessione tra movimenti.  

8. A questo punto pensiamo che sia necessario individuare i primi elementi che possono sul piano nazionale delineare un progetto organico del sindacalismo metropolitano in grado di raccogliere e connettere le spinte spontanee che nascono dalle contraddizioni dell’attuale modello sociale. Naturalmente queste che facciamo sono proposte che sappiamo  non essere esaustive ma le forniamo come primo approccio ad una questione che di per se si presenta complessa e che richiede necessariamente una risposta altrettanto complessa. I terreni su cui lavorare per avviare una esperienza nazionale del sindacalismo metropolitano possono essere a nostro avviso:

 QUESTIONE CASA

Le politiche urbane che si sono via via affermate dall’approvazione della Legge 431 licenziata nel 1998 dal governo D’Alema,che ha di fatto reso prevalente il libero mercato nell’edilizia residenziale, sono state devastanti nel consumo di suolo ma molto produttive per la rendita immobiliare e la speculazione finanziaria. La profonda crisi in cui versa il paese, trova una rappresentazione immediata nella precarietà alloggiativa di milioni di persone alle prese con procedure di sfratto, insolvenza nei mutui, dismissioni di alloggi, caro affitti, mancanza di case popolari. Tutte le generazioni  e diverse fasce sociali sono colpite da questa emergenza: studenti, disoccupati, precari, lavoratori dipendenti, partite iva, pensionati.

·      La necessità di alloggi non soddisfatta induce soggetti diversi ad organizzarsi insieme e ad attivarsi per la tutela di un diritto primario come la casa. Le forme di lotta sono diverse e articolate, vanno dalle occupazioni di stabili vuoti alla resistenza nelle procedure di sfratto, trovando sempre più persone disponibili al conflitto, soprattutto perché la garanzia di poter vivere senza spendere l’intero stipendio per la casa diventa un ottimo incentivo nella tenuta della lotta.

·      In questi percorsi si incontrano nei territori molti soggetti che partendo dal problema casa si mostrano portatori di ben altre storie e di molteplici bisogni. Spesso sono disoccupati, lavoratori in nero, precari, intermittenti ed atipici, occupati nel terzo settore o titolari di partite iva, che per tutelarsi non si sono mai rivolti a nessuno pagando pesantemente la frammentazione alla quale sono soggetti. Il fatto di organizzarsi insieme per il diritto alla casa gli consente di incontrarsi e di “sindacalizzarsi” anche su altri diritti.

·      La rete nazionale “abitare nella crisi” può essere uno strumento efficace di connessione e di mobilitazione. La sua ricchezza va sostenuta anche dall’As.I.A. che deve immaginare una capacità di mettere in relazione l’importante lavoro sull’inquilinato con l’attivismo metropolitano della rete. Spesso l’operazione della controparte è quella di dividere il fronte dell’emergenza abitativa, oggi variegato e tendenzialmente conflittuale, tra aventi titolo e senza titolo. Di fronte a questo un sindacato degli inquilini solo di servizio non serve, ce ne sono già abbastanza, quello che occorre è un soggetto dinamico e in grado dibattersi per la difesa del patrimonio pubblico, del suo incremento, della qualità della vita.

 IMMIGRAZIONE E AUTORGANIZZAZIONE NELLA DIFESA DEI DIRITTI DI CITTADINANZA

Nei percorsi quotidiani che costruiamo intorno alla tutela di diritti primari quali la casa, la salute, il reddito, ci imbattiamo costantemente con migliaia di cittadini e cittadine migranti che dimostrano una forte volontà di battersi per migliorare le proprie condizioni di vita. Spesso sono loro, date le condizioni di sfruttamento e ricatto che subiscono, ad essere capofila nel rivendicare i diritti di cittadinanza. Non si soffermano solo sul permesso di soggiorno ma diventano soggetti attivi per la difesa di diritti oggettivamente negati sia a loro che agli italiani. Partendo da qui si può declinare un attivismo meticcio che non consideri il migrante una categoria, ma parte dinamica dentro la crisi contro la distruzione delle tutele sociali che via via si stanno perdendo a cause delle politiche economiche attuali.

·      La precarietà in cui versano i migranti non è diversa da quella autoctona nazionale e l’unico modo perché non si scateni la guerra dei secondi contro i primi, è che insieme ne comprendano le cause e si organizzino per contrastarle. Per questo dobbiamo puntare su battaglie comuni in difesa di diritti comuni, senza dimenticare le specificità legate al “pacchetto sicurezza” e dintorni. In questo senso anche l’avvio di una battaglia più generale sull’affermazione dello “ius soli” slegherebbe le nuove generazioni migranti nate sul suolo italiano dal ricatto del permesso di soggiorno al quale sono sottoposti i loro genitori. Un ricatto che basa le sue fondamenta sul concepire i migranti solo come forza lavoro, anche conveniente e condizionabile, e non come persone portatrici di diritti.

·      Aprire un dibattito verso una “carta dei diritti di cittadinanza” per tutti e tutte, rafforzare l’attivismo meticcio nei territori e formulare un orizzonte comune di conflitti e tutele diffuse, può dare ulteriore dinamicità nello sviluppo delle forme del sindacalismo metropolitano.

 REDDITO SOCIALE

La questione del reddito è uno snodo politico importante con il quale il movimento in questi anni si è misurato ma non è riuscito a trovare risposte stabili di lotta e di organizzazione; nonostante queste difficoltà la situazione economica e sociale impone la necessità di misurarsi con questa questione a partire proprio dalle realtà metropolitane.

·      Si ripropone la necessità della lotta per il reddito diretto come risposta alla sempre maggiore precarietà che riguarda tutte le tipologie dei contratti di lavoro e sempre più i giovani lavoratori qualificati. Anche la disoccupazione diretta subisce un incremento che produce nuovi fenomeni di migrazione dal Sud e di pesante sfruttamento per tutte le categorie di lavoratori.

·      La questione del reddito oggi si presenta in modo sempre più pressante anche sotto l’aspetto del reddito indiretto; la speculazione immobiliare, i processi di privatizzazione dei servizi sociali, delle imprese pubbliche e municipalizzate fino alla svendita di un bene comune importante come quello dell’acqua riducono sempre più i redditi da lavoro. Quello che avviene non è nient’altro che un brutale prelievo monetario volto a sostenere i nostri capitalisti non più produttivi ma, in quanto parassitari, divenuti percettori di tariffe pubbliche, cioè siamo di fronte ad un nostrano capitalismo bollettaro. Benetton per le autostrade, Tronchetti Provera per le comunicazioni e tantissimi altri mantengono i loro livelli di profitto sfruttando la loro rendita di posizione costruita nei servizi pubblici di vario tipo. Anche questo tipo di rapina sui redditi dei settori sociali più deboli trova il maggior punto di concentrazione nelle aree metropolitane dove può trovare anche una efficace risposta di lotta.