L’incontro di mercoledì scorso tra la FIAT, il Governo e i sindacati ha chiarito definitivamente la portata del progetto Marchionne.
A fronte di un impegno, puramente verbale e quanto mai aleatorio perché non supportato da alcun piano industriale concreto, di investire 20 miliardi in Italia e di aumentare la produzione di vetture dalle attuali 600 mila ad un milione e quattrocentomila, Marchionne ha confermato:
· il trasferimento in Serbia delle produzioni già destinate a Mirafiori, per le quali sono previsti aiuti pubblici europei e serbi pari a 600 milioni di euro, l’esenzione dalle tasse per 10 anni e 10.000 euro da parte di Belgrado per ogni assunto, pari a due anni di stipendio per ogni lavoratore serbo!
· La costituzione della newco, la Fabbrica Italia Pomigliano SPA, che assumerà, previa accorta selezione, solo coloro i quali accetteranno i contenuti dell’infame accordo siglato con Fim Uilm e Fismic e respinto dal 40% degli interessati.
· La disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici o in subordine, di concerto con la Marcegaglia , per evitare la fuoriuscita di FIAT da Confindustria la deroga prevista dall’accordo quadro di riforma degli assetti contrattuali del 2009, che permette di modificare la parte economica e normativa dei contratti nazionali di categoria.
Di quest’ultimo punto si discuterà oggi a Torino presso l’Unione degli Industriali, per giungere a definire ‘stabilimento per stabilimento’ nuove regole contrattuali, nuovi orari, nuove turnazioni, sanzioni pesanti in caso di sciopero durante gli straordinari, penalizzazioni sulle malattie e, dulcis in fundo, cancellazione delle prerogative sindacali a partire dalla non effettuazione delle trattenute sindacali per quelle organizzazioni che non vogliono mandare giù questo rospo e fare carta straccia dei diritti dei lavoratori.
Nessuna possibilità di modifica di questo piano
Marchionne ha dettato un ultimatum o ottiene un sì pieno o abbandona.
Ma vien da chiedersi se non sia proprio questo lo scopo finale della FIAT; la separazione della FIAT AUTO dalle società più floride del gruppo può anche significare che alla famiglia Agnelli il futuro dell’auto in Italia non interessi poi tanto, pronti a sbarazzarsene magari addossandone la responsabilità a chi non si piega ai ricatti, a chi crede ancora nella dignità del lavoro e nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Per questo fanno ancora più rabbia le posizioni dei presenti all’incontro, da Sacconi che si dice soddisfatto alla CISL che dichiara la sua adesione al piano senza se e senza ma, ad Epifani che approva il piano ‘Fabbrica Italia’ invitando la FIAT a rivedere qualche punto più critico dell’accordo di Pomigliano.
O lo schiaffo ricevuto da Marchionne e decenni di collaborazione e di subordinazione ai voleri del padronato li hanno rimbecilliti tanto da non accorgersi di star ballando sul Titanic, mentre affondano non solo diritti dei lavoratori, principi costituzionali quali il diritto di sciopero, democrazia sindacale ma vengono stravolte tutte quelle pur non sufficienti regole, che nei decenni passati hanno permesso di limitare lo strapotere del capitale e di far progredire la società nel suo insieme.