Da quanto emerge dalle prime anticipazioni sui contenuti della legge di bilancio, la cosiddetta legge Fornero resiste e le roboanti dichiarazioni di alcuni membri dell’attuale Governo vanno in fumo con l’approvazione in Cdm del testo che sta per approdare alla discussione in Senato.
Non si cancellano quindi i provvedimenti della riforma pensionistica varata nel 2012 dal Governo Monti e, senza batter ciglio, il Governo Meloni introduce una nuova stretta sulle possibilità di uscita, lasciando invariati gli attuali importi pensionistici da fame.
Per chi esce prima dei 67 anni, limite di età per l’accesso alla pensione fissato dalla Fornero, si prevede addirittura un taglio dell’importo della quota di pensione calcolata con il sistema retributivo.
Una riduzione proporzionale agli anni di anticipo rispetto ai 67 anni.
La cosiddetta quota 103 cresce a 104 con l’aumento di un anno, da 62 a 63, restando invariato il tetto contributivo a 41 anni (i due requisiti devono essere raggiunti entrambi e non sono flessibili).
Opzione Donna subisce un innalzamento del limite d’età a 61 anni, mentre cambiano i requisiti per l’accesso all’Ape Sociale con l’aggiunta di ulteriori 5 mesi ai precedenti 63 anni di età. L’importo massimo riconosciuto per chi vi accede è di 1.500 euro lordi mensili e resterà tale fino al raggiungimento dei 67 anni della legge Fornero, momento dal quale sarà calcolato il nuovo importo della pensione.
Per i giovani, su cui tutti dicono di voler intervenire, si spalanca il baratro dell’adeguamento all’aspettativa di vita che, bloccato fino ad oggi, riprenderà a produrre i suoi effetti con la prospettiva di porre l’uscita dal lavoro all’età di 70 anni e con pensioni da fame, viste le basse e discontinue retribuzioni.
Il meccanismo della cosiddetta perequazione per chi è già in pensione sembra destinato a riproporre quanto fatto per il recupero dell’inflazione del 2022, pochi spiccioli a chi percepisce oggi una pensione minima di 563,73 euro. Forse si arriverà, per le pensioni minime, a 650 euro lordi solo per i pensionati e le pensionate ultrasettantacinquenni.
Quindi ancora una volta non una vera riforma, ma un insieme di misure che, come negli anni passati, servono a fare cassa con le risorse del sistema pensionistico per finanziare interventi come quello sul ponte sullo Stretto di Messina o per la corsa agli armamenti.
Se si aggiungono le previsioni per le insufficienti risorse destinate alla Sanità pubblica, ovvero per il suo smantellamento definitivo, il quadro diventa più chiaro.
Basta con lo Stato Sociale ed avanti tutta con lo Stato al servizio del mercato e della finanza, che ancora una volta vincono su tutti i fronti, vedi il prelievo fiscale sui profitti delle banche che si trasforma in aumento del loro capitale sociale.