La convocazione dell’Unione Sindacale di Base ieri al Ministero del Lavoro da parte di Di Maio pare essere il segnale di una disponibilità a chiudere con l’apartheid sindacale che i precedenti governi, senza dubbio spalleggiati da cgil cisl e uil, avevano praticato nei nostri confronti. Bene, sicuramente una buona notizia e una buona pratica.
La percezione è che il Governo, in particolare la parte “sociale”, che ovviamente è in capo al Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Di Maio, stia complessivamente cercando di riprendere una relazione con le organizzazioni sindacali per superare una fase di difficoltà del Paese. Legata anche all’impossibilità di procedere su molte questioni annunciate, e non realizzate per aver accettato la continua pressione dell’Unione Europea e per la condizione dei conti pubblici e in previsione di un DEF e, successivamente, di una manovra economica che si annuncia molto pesante soprattutto perché dovrà trovare circa 50 miliardi in due anni solo per impedire l’aumento dell’IVA.
Il segnale che è finita l’epoca della disintermediazione, cioè del fare a meno del confronto con le parti sociali, è dato in particolare da tre questioni, strettamente intrecciate fra loro, poste da Di Maio sul tavolo della discussione: l’introduzione del salario minimo legale; la questione della rappresentanza sindacale e della validità erga omnes dei contratti; la riduzione del cuneo fiscale.
Il tentativo evidente era quello di ottenere da cgil cisl e uil il via libera all’introduzione del salario minimo orario, strumento già presente in quasi tutte le legislazioni dei più avanzati Paesi europei, dando in cambio una sorta di assicurazione sul proseguimento di fatto del monopolio della rappresentanza promettendo di utilizzare, al fine della definizione di chi potrà sottoscrivere i contratti a cui quindi dare valore erga omnes, l’accordo pattizio del 10 gennaio 2014 non facendo quindi propria la necessità che sia una legge plurale e democratica a stabilire le regole.
Con questo “scambio” cgil cisl e uil potrebbero ammorbidire la loro posizione secondo cui solo la contrattazione, che si dice copra circa l’87% dei lavoratori, è titolata a stabilire il valore del salario orario mentre a Confindustria e ai padroni si darebbe in cambio una robusta ulteriore defiscalizzazione con la riduzione della parte del cuneo fiscale che ricade principalmente sulle imprese.
Tanto è evidente che l’idea è quella di una robusta ripresa della concertazione, che sono stati annunciati tavoli tecnici e politici da convocare già dalle prossime ore per discutere e concordare su tutto quello su cui per mesi non si è discusso e per ottenere il placet preventivo delle parti sociali, con buona pace, in tutta evidenza, di ogni possibile ipotesi di conflitto, ad esempio per continuare a chiedere l’abrogazione della Fornero o la cancellazione del jobs act o un reddito di cittadinanza universale e incondizionato o il blocco dell’autonomia rafforzata come ad esempio da noi richiesto esplicitamente al tavolo.
A Di Maio abbiamo annunciato l’intenzione della USB di procedere comunque nello sciopero generale proclamato per il 12 aprile, denunciando gli atti illegittimi e repressivi assunti dalla commissione di garanzia e abbiamo concluso il nostro intervento ricordando che per USB il governo deve fare il governo, i padroni devono fare i padroni e il sindacato deve fare il sindacato a confermare che noi non si scende in piazza con i padroni né si fanno sconti ai governi se questi non risolvono i problemi della gente e dei lavoratori.
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Unione Sindacale di Base